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                 staurazione Meji nel 1868. Se andiamo a vedere gli echi in Italia, pos-
                 siamo trovarne uno assai interessante in un opuscolo estremamente
                 raro, conservato a quanto sembra solo in due biblioteche di Cagliari. Si
                 tratta di un opuscolo dove un “liberale” si contrappone a un “codinone”,
                 nel giudicare i motivi, le possibili conseguenze, e il significato generale
                 della convocazione di tutti i vescovi a Roma per la canonizzazione del
                 1862. Affiorano qui, lette attraverso il singolare episodio del rapporto
                 che veniva a instaurarsi con il Giappone, tramite questo atto pontificio,
                 le tensioni tra il partito clericale e quello piemontese, allora più che
                 mai vive, a unificazione (parziale) appena compiuta.
                    La questione del baco da seta giapponese sembra appartenere a di-
                 mensioni affatto diverse, rispetto a quelle della canonizzazione dei ven-
                 tisei martiri. Ma alla fine vedremo che la distanza non è così radicale.
                 Alla metà del secolo si aggrava la crisi della sericoltura italiana e fran-
                 cese. Questa crisi ha luogo durante la cosiddetta “seconda rivoluzione
                 agricola”, che interessa il nostro Paese intorno alla metà dell’Ottocento,
                 in significativa coincidenza con le rivoluzioni politiche europee e il pro-
                 cesso di unificazione poi parzialmente compiuto nel 1861. Da un lato il
                 processo di industrializzazione del paese provocava, assieme all’inci-
                 piente fenomeno migratorio, l’abbandono delle campagne, e l’urbaniz-
                 zazione violenta dei contadini, assieme al flusso migratorio “interno”,
                 dal Sud al Nord. Dall’altro, venivano importate ed estensivamente col-
                 tivate sementi già ben presenti, da secoli, sul suolo italiano, come il
                 mais, o la patata, in modo sempre più massiccio, attraverso nuovi stru-
                 menti meccanici, che sostituivano ad esempio i vecchi aratri a trazione
                 animale; e attraverso soprattutto l’uso, per la prima volta, di concimi
                 chimici, già sperimentati fuori dai confini italiani.
                    Il risultato di questo vero e proprio sconvolgimento agrario in un
                 Paese come l’Italia ancora basato – lo sarà fino al secondo dopoguerra
                 – sull’agricoltura, sarà l’arrivo dell’epidemia di pebrina. La pebrina è
                 una malattia del baco. La causa è l’ingestione, da parte dell’insetto,
                 delle spore di un particolare mesozoo. Atrofizzato – da qui l’uso di chia-
                 mare la malattia “atrofia del baco” – il baco medesimo non produce più
                 bava, ovvero, quel che sarà la base del filo serico. Ecco che quasi ma-
                 gicamente appare dal Giappone il baco giapponese, apparentemente
                 allevabile – o coltivabile a seconda del punto di vista – con minore o
                 nulla affezione da parte della terribile malattia. L’introduzione del baco
                 giapponese interesserà praticamente ogni territorio italiano ove vi fosse
                 sericultura. Ce ne rendiamo conto considerando anche solo sommaria-
                 mente la produzione scientifico-letteraria al riguardo.
                    Prima di prendere in esame un caso rappresentativo, vicino a Verona,
                 di introduzione del baco del Sol Levante, occorre tenere presente che
                 se da un lato le malattie delle piante non potevano essere ascritte a
                 una origine “nazionale” o quantomeno “geografica” precisa – e occorre


                                                                                n. 47
                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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