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572 Maurizio Vesco
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detta galería de mediodía con il corredor sovrastante , che congiunge
la Torre Dorada con quella dell’Homenaje, addossandosi a quest’ul-
tima e al corpo di fabbrica intermedio, secondo modalità che rievocano
sorprendentemente il più antico progetto palermitano. Si tratta di un
elemento introdotto in ambo i casi per corroborare la valenza urbana
dell’edificio, per rinsaldarne il legame con lo spazio pubblico, con
quella piazza che a Palermo proprio in quegli anni stava trovando
una sua prima, adeguata definizione monumentale, destinata, come
era, anche ad ospitare feste, giochi e cerimonie alle quali i loggiati
avrebbe fatto da “palchi”, proprio come nel disegno del fiammingo in
cui l’Alcazar fa da scena a uno stuolo di acrobati ed equilibristi alla
presenza del sovrano e della Corte. Inoltre, sebbene il loggiato madri-
leno sia stato realizzato più tardi, tra il 1585 e il 1586, su iniziativa
di Filippo II – ma non si può escludere che fosse in gestazione sin
dall’epoca del cantiere della Torre Dorada, nei primi anni Sessanta –
esso è probabilmente testimonianza di una consuetudine per simili
manufatti architettonici, realizzati anche nelle forme di strutture ef-
fimere e provvisorie.
La scelta, poi, di ricorrere a Palermo a scultori liguri, piuttosto che
locali, confermerebbe la matrice ispanica dell’iniziativa. È noto come
nel corso del Cinquecento, fin dai primi anni del secolo, prassi sempre
più diffusa per l’alta aristocrazia spagnola fosse quella di commissionare
a marmorari liguri oltre che più o meno complessi monumenti sepolcrali,
fontane e portali, anche colonne dai capitelli all’antica, nonché pilastri,
balaustre e pavimenti: dal castello di La Calahorra alla Casa de Pilatos,
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dall’Alcazar di Siviglia al Collegio del Corpus Christi di Valencia .
Gli ambienti più antichi del palazzo, quelli normanni ricadenti nella
Torre Pisana e nella Joharia che avevano destato già l’interesse di
Vega fin dal momento del trasferimento della sede viceregia nel Sacrum
Regium Palacium, quando questi li aveva scelti, per ragioni sia estetiche
sia simboliche, quale propria residenza, dovevano piacere molto – e
non avrebbe potuto essere diversamente – anche a Toledo 85 [Fig. 16].
Decise infatti di far realizzare nella sala delle Quattro Colonne un por-
tale di gusto rinascimentale che avrebbe dovuto perpetuare, proprio lì,
nel fulcro dell’antica dimora dei sovrani normanni, il suo nome e il
83 Cfr. J.M. Barbeito, El Alcázar de Madrid, Colegio Oficial de Arquitectos de Madrid,
Madrid, 1992, pp. 64-67.
84 Cfr. F. Marías, La magnificenza del marmo, la scultura genovese e l’architettura spa-
gnola (secoli XV-XVI), in P. Bocardo, J.L. Colomer, C. Di Fabio (a cura di), Genova e la
Spagna. Opere, artisti, committenti, collezionisti, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo
(MI), 2002, pp. 56-71.
85 Sull’argomento, cfr. M. Vesco, Il mito normanno cit., al quale si rimanda per la
bibliografia.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)