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           detta galería de mediodía con il corredor sovrastante , che congiunge
           la Torre Dorada con quella dell’Homenaje, addossandosi a quest’ul-
           tima e al corpo di fabbrica intermedio, secondo modalità che rievocano
           sorprendentemente il più antico progetto palermitano. Si tratta di un
           elemento introdotto in ambo i casi per corroborare la valenza urbana
           dell’edificio,  per  rinsaldarne  il  legame  con  lo  spazio  pubblico,  con
           quella piazza che a Palermo proprio in quegli anni stava trovando
           una sua prima, adeguata definizione monumentale, destinata, come
           era, anche ad ospitare feste, giochi e cerimonie alle quali i loggiati
           avrebbe fatto da “palchi”, proprio come nel disegno del fiammingo in
           cui l’Alcazar fa da scena a uno stuolo di acrobati ed equilibristi alla
           presenza del sovrano e della Corte. Inoltre, sebbene il loggiato madri-
           leno sia stato realizzato più tardi, tra il 1585 e il 1586, su iniziativa
           di Filippo II – ma non si può escludere che fosse in gestazione sin
           dall’epoca del cantiere della Torre Dorada, nei primi anni Sessanta –
           esso è probabilmente testimonianza di una consuetudine per simili
           manufatti architettonici, realizzati anche nelle forme di strutture ef-
           fimere e provvisorie.
              La scelta, poi, di ricorrere a Palermo a scultori liguri, piuttosto che
           locali, confermerebbe la matrice ispanica dell’iniziativa. È noto come
           nel corso del Cinquecento, fin dai primi anni del secolo, prassi sempre
           più diffusa per l’alta aristocrazia spagnola fosse quella di commissionare
           a marmorari liguri oltre che più o meno complessi monumenti sepolcrali,
           fontane e portali, anche colonne dai capitelli all’antica, nonché pilastri,
           balaustre e pavimenti: dal castello di La Calahorra alla Casa de Pilatos,
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           dall’Alcazar di Siviglia al Collegio del Corpus Christi di Valencia .
              Gli ambienti più antichi del palazzo, quelli normanni ricadenti nella
           Torre  Pisana  e  nella  Joharia  che  avevano  destato  già  l’interesse  di
           Vega fin dal momento del trasferimento della sede viceregia nel Sacrum
           Regium Palacium, quando questi li aveva scelti, per ragioni sia estetiche
           sia simboliche, quale propria residenza, dovevano piacere molto – e
           non avrebbe potuto essere diversamente – anche a Toledo  85  [Fig. 16].
           Decise infatti di far realizzare nella sala delle Quattro Colonne un por-
           tale di gusto rinascimentale che avrebbe dovuto perpetuare, proprio lì,
           nel fulcro dell’antica dimora dei sovrani normanni, il suo nome e il



              83  Cfr. J.M. Barbeito, El Alcázar de Madrid, Colegio Oficial de Arquitectos de Madrid,
           Madrid, 1992, pp. 64-67.
              84  Cfr. F. Marías, La magnificenza del marmo, la scultura genovese e l’architettura spa-
           gnola (secoli XV-XVI), in P. Bocardo, J.L. Colomer, C. Di Fabio (a cura di), Genova e la
           Spagna. Opere, artisti, committenti, collezionisti, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo
           (MI), 2002, pp. 56-71.
              85  Sull’argomento, cfr. M. Vesco, Il mito normanno cit., al quale si rimanda per la
           bibliografia.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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