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Una strada, due regge, una mappa: la committenza di don García Álvarez de Toledo 569
da lui approvato prima del suo viaggio campano, di cui aveva visionato
a Palermo il disegno adesso inviatogli a Pozzuoli, un cambiamento da
lui ritenuto ingiustificato che rimetteva in discussione quanto stabilito
(«havendo considerato bene che si facesse la facciata tutta di corritori
et arcati come restò designata»), tanto da esordire nella lettera con un
motto che, tra il serio e il faceto, evocava il mito della tela di Penelope
“adattandolo” alla recente vita politica siciliana, con il defunto presi-
dente del Regno Ferdinando de Silva, marchese delle Favare, al posto
della moglie di Ulisse: «Quanto alla fabrica del palazzo dico che non
può l’huomo lasciar di assomigliar al marchese della Favara morto,
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che disfaceva la notte la tela che haveva ordito il giorno» .
Il gradimento di Toledo per la nuova macchina marmorea, d’altra
parte, pare innegabile in considerazione dell’impegno personale da
questi profuso per la riuscita dell’opera, per la quale già in quella
stessa apparentemente polemica lettera invitava a dare «gran pressa
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che venghino le colonne per la loggia bassa et alta» . Sarebbe stato
proprio il viceré in persona a stipulare in Genova il contratto d’acquisto
per gli elementi in marmo che avrebbero composto la facciata, la cui
realizzazione venne affidata a due abili marmorari della città ligure,
Antonio Carabio e Giacomo Guidetti, e di cui rimangono due preziosi
disegni, un alzato parziale quotato, che funge quasi da abaco degli ele-
menti o da “schema di montaggio” [Fig. 14], e una pianta che è poco
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più che uno schizzo, allegati al contratto d’obbligazione . Il Carabio ,
in particolare, era uno scultore accreditato, coinvolto come fornitore
di marmi per portici e logge in più di un cantiere importante a Genova,
primo fra tutti quello di poco più tardo del palazzo su Strada Nova (dal
1569) di Nicola Grimaldi, primo banchiere di Filippo II, diretto dal pit-
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tore-architetto Giovan Battista Perolli , attivo quest’ultimo anche per
73 Ibidem.
74 Ibidem.
75 I disegni, già segnalati e in parte pubblicati in E. Poleggi, Un documento di cultura
abitativa, in Rubens e Genova, Catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 18 dicem-
bre 1977-12 febbraio 1978), s.n. (La Stampa), s.l. (Genova), 1977, pp. 85-148, alle pp.
118, 126, sono oggetto di una rilettura nel contributo di M.S. Di Fede, Il vicerè García di
Toledo e i cantieri reali: un loggiato “alla genovese” per Palermo, «Lexicon. Storie e archi-
tettura in Sicilia e nel Mediterraneo», 19 (2014), pp. 73-77.
76 È ragionevole ipotizzare un legame di parentela fra il maestro genovese e il mar-
moraro Giovan Battista Carabio attivo a Palermo alcuni anni più tardi, lo stesso che si
sarebbe impegnato nel 1576 con i rappresentati della Nazione genovese per la fornitura
di 40 colonne marmoree per la erigenda chiesa nazionale intitolata a San Giorgio; G.
D’Alessandro, La chiesa di S. Giorgio dei Genovesi a Palermo: una problematica attribu-
zione, «Lexicon. Storie e architettura in Sicilia», 5/6 (2007-2008), p. 77.
77 R. López Torrijos, Juan Bautista Perolli. Obras genovesas. II, «Archivo Español de
Arte», 298 (2002), pp. 145-165.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)