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           nato, ma anche incaricati, come il maestro portulano don Fabio Bo-
           logna eletto quale «delegato Excellencie illustrissimi domini proregis
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           ad aliqua negocia regie Curie» , cioè in pratica chiamato a rimpiaz-
           zarlo nel disbrigo di importanti affari di Stato, ma anche più sempli-
           cemente uomini di cantiere di sua assoluta fiducia, tra cui il noto
           marmoraro Fazio Gagini, uno dei principali protagonisti della scultura
           siciliana del secondo Cinquecento. Ad esempio, nella fase delicatis-
           sima di avvio del progetto della nuova facciata del palazzo palermi-
           tano, che prevedeva, come è noto, la realizzazione di un duplice log-
           giato marmoreo prospiciente il piano del Palazzo, don García rispose
           seccamente al secreto di Palermo, il quale sollevava questioni circa i
           marmi da impiegare, che «atorno questo negocio ci remettimo a tutto
           quello che dici mastro Fatio et voi cossì lo farreti exequire secondo il
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           suo parere» .
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              Il difficile iter progettuale della facciata loggiata , dovuto in primo
           luogo alla continua intromissione del Toledo che non gradiva la prima
           soluzione  proposta,  sarebbe  stato  segnato  dalla  elaborazione  di  più
           varianti e dalla stipula di più contratti, ciò anche per l’ossessiva vigi-
           lanza  sui  costi  esercitata  dal  viceré  e  da  lui  imposta  alla  Corte.  A
           questo proposito, è molto nota la lettera con cui don García nel dicem-
           bre del 1566 intimava al presidente del Regno di modificare in corso
           d’opera il progetto avviato, optando, al fine di garantire adeguata illu-
           minazione e vista agli appartamenti vicereali della torre Pisana, per
           una diversa collocazione del fronte loggiato rispetto a quella voluta da
           quest’ultimo, probabilmente, ritengo, in difformità rispetto a quanto
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           concordato prima della partenza del viceré .
              Dalla polemica tra i due alcuni hanno dedotto uno scarso gradi-
           mento per la soluzione a loggiato da parte del Toledo, giungendo a ipo-
           tizzare una sua possibile estraneità al progetto che sarebbe stato “ere-
           ditato” da qualcuno dei suoi predecessori. Tuttavia, la stessa missiva
           può anche essere interpretata semplicemente come momento di un vi-
           vace dibattito progettuale che certamente doveva animare di frequente
           le sale dei due palazzi reali siciliani e a cui avranno preso parte non
           solo i membri più alti della Corte ma anche tecnici e operatori vicini al
           governo, in primo luogo il capomastro della Regia Corte Ambrogio Ca-
           sella. Dal dettato della missiva sembra piuttosto che il viceré lamenti
           una modifica, peraltro assai rilevante, in un progetto già concordato e




              69  Così risulta, ad esempio, tra l’aprile e il giugno del 1566; ivi, Notai defunti, Giuseppe
           Fugazza, reg. 6791, cc. 998v, 1374r.
              70  Ivi, Tribunal del Real Patrimonio, Lettere viceregie, reg. 531, c. 46r.
              71  Sull’argomento, cfr. A. Pettineo, Giorgio Di Fazio e i Gagini cit.
              72  Lettere di don García de Toledo cit., f. 259v.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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