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568 Maurizio Vesco
nato, ma anche incaricati, come il maestro portulano don Fabio Bo-
logna eletto quale «delegato Excellencie illustrissimi domini proregis
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ad aliqua negocia regie Curie» , cioè in pratica chiamato a rimpiaz-
zarlo nel disbrigo di importanti affari di Stato, ma anche più sempli-
cemente uomini di cantiere di sua assoluta fiducia, tra cui il noto
marmoraro Fazio Gagini, uno dei principali protagonisti della scultura
siciliana del secondo Cinquecento. Ad esempio, nella fase delicatis-
sima di avvio del progetto della nuova facciata del palazzo palermi-
tano, che prevedeva, come è noto, la realizzazione di un duplice log-
giato marmoreo prospiciente il piano del Palazzo, don García rispose
seccamente al secreto di Palermo, il quale sollevava questioni circa i
marmi da impiegare, che «atorno questo negocio ci remettimo a tutto
quello che dici mastro Fatio et voi cossì lo farreti exequire secondo il
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suo parere» .
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Il difficile iter progettuale della facciata loggiata , dovuto in primo
luogo alla continua intromissione del Toledo che non gradiva la prima
soluzione proposta, sarebbe stato segnato dalla elaborazione di più
varianti e dalla stipula di più contratti, ciò anche per l’ossessiva vigi-
lanza sui costi esercitata dal viceré e da lui imposta alla Corte. A
questo proposito, è molto nota la lettera con cui don García nel dicem-
bre del 1566 intimava al presidente del Regno di modificare in corso
d’opera il progetto avviato, optando, al fine di garantire adeguata illu-
minazione e vista agli appartamenti vicereali della torre Pisana, per
una diversa collocazione del fronte loggiato rispetto a quella voluta da
quest’ultimo, probabilmente, ritengo, in difformità rispetto a quanto
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concordato prima della partenza del viceré .
Dalla polemica tra i due alcuni hanno dedotto uno scarso gradi-
mento per la soluzione a loggiato da parte del Toledo, giungendo a ipo-
tizzare una sua possibile estraneità al progetto che sarebbe stato “ere-
ditato” da qualcuno dei suoi predecessori. Tuttavia, la stessa missiva
può anche essere interpretata semplicemente come momento di un vi-
vace dibattito progettuale che certamente doveva animare di frequente
le sale dei due palazzi reali siciliani e a cui avranno preso parte non
solo i membri più alti della Corte ma anche tecnici e operatori vicini al
governo, in primo luogo il capomastro della Regia Corte Ambrogio Ca-
sella. Dal dettato della missiva sembra piuttosto che il viceré lamenti
una modifica, peraltro assai rilevante, in un progetto già concordato e
69 Così risulta, ad esempio, tra l’aprile e il giugno del 1566; ivi, Notai defunti, Giuseppe
Fugazza, reg. 6791, cc. 998v, 1374r.
70 Ivi, Tribunal del Real Patrimonio, Lettere viceregie, reg. 531, c. 46r.
71 Sull’argomento, cfr. A. Pettineo, Giorgio Di Fazio e i Gagini cit.
72 Lettere di don García de Toledo cit., f. 259v.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)