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Una strada, due regge, una mappa: la committenza di don García Álvarez de Toledo 579



             grande approvvigionata di acqua fredda e calda, quest’ultima prodotta
             mediante una caldaia, usualmente contraddistinti da una ricca deco-
             razione, sia pittorica sia plastica – si pensi alla stufetta affrescata da
             Raffaello  per  il  cardinale  Bibbiena e  celebrata  da  Pietro  Bembo.  Si
             trattava di cicli pittorici e grottesche, stucchi e pavimenti di tipo co-
             smatesco, ma anche elementi architettonici quali nicchie e catini ab-
             sidali inevitabilmente di gusto classicista – il rimando alle terme romane
             era più che immediato –, che per raffinatezza e valori culturali sottesi
             avvicinavano questi spazi più che a locali di servizio agli studioli delle
             regge rinascimentali, ai quali erano talvolta anche fisicamente contigui,
             come  previsto,  ad  esempio,  nel  Progetto  di  un  bagno  di  Antonio  da
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             Sangallo il Giovane conservato agli Uffizi .
                L’estraneità di questo genere di attrezzature sanitarie e delle pratiche
             igieniche a esse correlate rispetto al contesto siciliano è confermata dal
             memoriale presentato diversi anni prima, nel gennaio del 1554, all’allora
             viceré Juan de Vega dal fiorentino Ruggero di Tomasio, il quale, inten-
             zionato a realizzare a Palermo un bagno termale aperto a pagamento al
             pubblico, una «stufa a la usanza di la cità di Roma», a fronte del grosso
             investimento che gli veniva richiesto «per fornaci, damusi et condutti»,
             chiedeva a garanzia alla Corte che gli venisse concessa una esclusiva
             decennale per l’erogazione di quel servizio nella capitale, analogamente
             a quanto era stato concesso poco tempo addietro ad un altro stuffaro,
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             probabilmente di origine greca, nella città di Messina . Il bagno paler-
             mitano di don García doveva essere tutt’altro che angusto, tenuto conto
             che la grossa vasca veniva approvvigionata da una costosissima caldaia
             di rame della capacità di oltre 8000 litri: anzi, l’enorme peso del conte-
             nitore metallico, che, una volta riempito, ammontava a diverse tonnellate,
             non potendo gravare sui solai lignei, dovette porre non pochi problemi
             per la sua collocazione, finendo per essere in qualche modo murato 100 .
                L’altro elemento chiamato a impreziosire l’appartamento vicereale
             fu una loggetta, oggi, come la stufa, perduta a seguito delle molte tra-
             sformazioni occorse al palazzo, che venne addossata alla facciata del-
             l’edificio  rivolta  verso  il  pianoro  extramoenia retrostante,  giusto  in
             corrispondenza delle stanze del viceré che ricadevano tra la Torre Pi-
             sana e la torre pichula, ciò che rimaneva dell’antica Joharia. Per rag-
             giungere la quota dell’appartamento fu necessario realizzare al piano




                98  Mi riferisco al disegno UA 986, conservato presso il Gabinetto Disegni e Stampe
             degli Uffizi e pubblicato in J. Sinisalo, Le forme architettoniche delle stufe romane, in
             Quando gli dei si spogliano cit., pp. 21-33, alla p. 30.
                99  Aspa, Tribunale del Real Patrimonio, Memoriali, reg. 20, c. 234v.
                100  Le misure si ricavano dal più tardo mandato di pagamento a favore del calderaio
             di ben 140 onze; ivi, Secrezia, reg. 463, c. 488v.


             n.41                         Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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