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           terra un alto porticato, a due o forse tre arcate poggianti su due pila-
           stri, sul quale insisteva un corrispondente loggiato, entrambi coperti
           a  volte  e  più  tardi  pavimentati  con  mattoni  smaltati,  assieme  alla
           stufa e alla cappella annessa all’appartamento vicereale 101 . È interes-
           sante osservare come don García, anche in questo caso, così come ho
           dimostrato avvenne per il porto di Palermo o per l’arsenale di Messina,
           sue principali realizzazioni pubbliche, non fu il semplice committente
           ma il vero ideatore della fabbrica: fu lui, infatti, a progettare la duplice
           loggetta,  sebbene  probabilmente  non  a  disegnarla  materialmente,
           tanto che al momento della stipula del contratto d’appalto per la sua
           costruzione, nel febbraio del 1567, veniva specificato che la sua rea-
           lizzazione doveva essere «juxta designum factum per prefatam Excel-
           lentiam Illustrissimi domini proregis» 102 . La realizzazione del piccolo
           manufatto doveva stargli molto a cuore, tanto che, nell’aprile del 1567,
           in occasione di uno dei suoi frequenti allontanamenti forzati dalla ca-
           pitale siciliana, a Carlo Aragona Tagliavia, che lo aggiornava di conti-
           nuo sul procedere dei lavori a palazzo, raccomandava che «alla logia
           della mia cammera et all’alloggiamento intorno alla chiesa (la cappella
           Palatina) Vostra Signoria non mancherà havere cura particolare» 103 .
              Viene  da  domandarsi  se  nel  progetto  dell’appartamento  vicereale
           palermitano una qualche influenza, anche indiretta, non possa averla
           esercitata la tanto amata villa di Pozzuoli 104 , dotata anch’essa di una
           loggetta decorata a stucco e a fresco persino da Giorgio Vasari, oppure
           il cantiere di ammodernamento della residenza medicea in Palazzo Vec-
           chio a Firenze, fortemente voluto non solo da Cosimo I ma anche dalla
           moglie Eleonora di Toledo, sorella del viceré, con la quale egli mantenne
           sempre saldissimi legami e che non mancò spesso di visitare. Mi riferisco
           in  particolare  all’ampliamento  del  sontuoso  appartamento  della  du-
           chessa con la costruzione, su iniziativa di quest’ultima, di un piano su-




              101  Nel 1569 venivano infatti ordinati «tremilia quadretti di quelli di Xacca, che sar-
           ranno come quelli di Valentia, che han da servir per la capelletta, stuffa et loggia del jar-
           dino»; ivi, Tribunale del Real Patrimonio, Memoriali, reg. 152, c. 92r.
              102  Il documento è segnalato e parzialmente trascritto in A. Pettineo, Giorgio Di Fazio
           e i Gagini cit., p. 54.
              103  Lettere di don García cit., f. 268v.
              104  Sulla villa si veda M. Venditti, Una presenza vicereale a Pozzuoli: la dimora fortifi-
           cata di Don Pedro de Toledo, «Archivio storico per le province napoletane», 124 (2006-
           2007), pp. 251-287; F. Loffredo, La villa di Pedro de Toledo a Pozzuoli e una sicura
           provenienza per il Fiume di Pierino da Vinci al Louvre, «Rinascimento meridionale: rivista
           annuale dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale», II (2011), pp. 93-
           113; C.J. Hernando Sánchez, La cultura de villa entre Nápoles y España: los jardines de
           los Toledo en el siglo XVI, in Dimore signorili. Palazzo Zevallos Stigliano e il mecenatismo
           aristocratico dal XVI al XX secolo, Intesa San Paolo, Napoli, 2013, pp. 11-48; J. Bosch
           Ballbona, Nápoles, Pozzuoli, Villafranca cit., pp. 679-688.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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