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           moriscos dalla penisola spagnola. Ciò potrebbe spiegare come mai una
           cristiana, o presunta tale, potesse essere introdotta come schiava nel
           Regno. Il processo di definizione identitaria e religiosa poteva forse non
           essere sufficiente a garantire la libertà, neanche ai cristiani. Il calo di
           manodopera schiavile infedele potrebbe giustificare il ricorso a pre-
           sunta  manodopera  cristiana,  la  cui  radice  identitaria  era  incerta,
           soprattutto a causa del colore della pelle – ad esempio quand’era negre
           y codony cuyt (membrillo cocido) – cosa che poteva far pensare a delle
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           spie del Turco .
              Anche per gli schiavi che venivano introdotti nel territorio del
           Regno di Valencia, il valore veniva determinato in base non alle leggi
           di mercato, ma alla stima che di essi faceva il corredor del tribunale
           della Bailía General. Era dunque un funzionario di un organismo
           statale a svolgere il compito di conferire un prezzo all’uomo-merce e
           lo faceva valutando caso per caso, a seconda dell’età, della forma
           fisica, della presunta identità, etc. Non era perciò l’incontro della
           domanda e dell’offerta a formare il prezzo sul mercato, quanto una
           valutazione soggettiva, che dava origine a un valore, che a sua volta
           avrebbe successivamente determinato il quinto da versare all’ha-
           cienda real. Al fine della determinazione del valore degli schiavi si
           deve quindi analizzare come venissero percepite le caratteristiche e,
           in ultima analisi, le identità di uomini e donne ridotte in schiavitù;
           si tratta, in altre parole, di investigare un vero e proprio mercato
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           delle identità .
              A  Valencia  il  colore  della  pelle  era  un  fattore  particolarmente
           importante nell’inquadrare l’uomo-merce. La massiccia presenza di



           Vicenta Cortés Alonso e Vicente Graullera Sanz, e tra gli altri in particolare V. Cortés
           Alonso, La esclavitud en Valencia durante el reinado de los Reyes Católicos, 1479-1516,
           Valencia, Ayuntamiento de Valencia, 1964; V. Graullera Sanz, La esclavitud en Valencia
           en los siglos XVI y XVII, Instituto Valenciano de Estudios Históricos, Institución Alfonso
           El Magnanimo - Consejo Superior de Investigaciones Cientificas, Valencia, 1978. Inoltre:
           J. R. Hinojosa Montalvo, Confesiones y ventas de cautivos en la Valencia de 1409, «Ligar-
           zas», 3 (1971), pp. 113–127; Id., Tácticas de apresamiento de cautivos y su distribución
           en el mercado valenciano (1410-1434), «Qüestions Valencianes», 1 (1979), pp. 5-45; J. F.
           Pardo Molero, Mercaderes, frailes, corsarios y cautivos. Intercambios entre el Reino de
           Valencia y el norte de África en la primera mitad del siglo XVI, in Wolfgang Kaiser (a cura
           di), Le commerce des captifs: Les intermédiaires dans l’échange et le rachat des prisonniers
           en méditerraneé, XVe-XVIIIe siècle, Rome, École Française de Rome 2008, pp. 165-192;
           R. Benítez Sánchez-Blanco, La tramitación del pago de rescates a través del Reino de
           Valencia: el último plazo del rescate de Cervantes, ivi, pp. 193-217. Una visione d’insieme
           in A. Stella, Histoire d’esclaves dans la péninsule ibérique, EHESS, Paris, 2000, di cui
           particolarmente interessante risulta il primo capitolo, in cui Stella si interroga sul con-
           cetto di schiavo e di schiava nella penisola spagnola in età moderna.
              24  B. Pomara Saverino, Esclavos cit., p. 234.
              25  S. Cerutti, Étrangers. Étude d’une condition d’incertitude dans une société d’Ancien
           Régime, Bayard, Paris, 2012.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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