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Il Tribunale della Regia Monarchia di Sicilia nel XVII secolo 711
I confratelli di padre Vincenzo avevano interrogato di nuovo anche
Onofria Ferrara; aveva confermato di conoscere il religioso da un
anno e di avere intrattenuto con lui «amicizia carnale … diverse
volte». Riguardo a quanto accaduto l’11 febbraio, aveva affermato:
«chi vene a fare un uomo quando» vi è «una donna voletelo detto
chiaro [che] venne per avere amicitia carnale con me ma, avendo
achianato suso il detto padre Vincenzo con me, subito arrivao la giu-
stitia et battio la porta» . Il 21 febbraio il collegio aveva condannato
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padre Vincenzo per avere violato regole e costituzioni dell’ordine, lo
aveva deposto dalla carica di “correttore” e destinato alla reclusione
in una cella del convento .
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Già il giorno successivo, il religioso – che ribadiva di «essere inno-
centissimo» e di essere stato incolpato «per havere administrato li
suoi carichi con zelo et honore» - fece ricorso al Tribunale della Regia
Monarchia, poiché riteneva che tutti gli atti compiuti dalla Corte ar-
civescovile e dal collegio interno all’ordine, e in particolare gli inter-
rogatori, fossero «nulli et invalidi et contra ogni forma di verità presi
contra l’esponente, sinistramente machinati et fabricati da suoi
emuli et inimici capitali - riferendosi ancora a suoi confratelli -;
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tutto per dare in terra l’honesto et reputatione dello esponente». Af-
finché fosse riconosciuta la sua innocenza, il religioso, che conside-
rava il tribunale regio come «superiore supremo», chiese - ed era que-
sta la vera base del ricorso, ancor più dell’asserita falsità di quanto
emerso e delle azioni dolose finalizzate a danneggiarlo – che fossero
nuovamente celebrati gli interrogatori. Infatti, poiché il provinciale
dei Minimi non era, a suo parere, giudice competente – mentre lo era
il tribunale regio in quanto l’imputazione riguardava una reato com-
messo “fuori dal chiostro” - non avrebbe potuto ascoltare persone
“secolari” come testimoni né convocare e interrogare Onofria Ferrara;
ciò costituiva ragione di nullità del processo, che avrebbe dovuto
svolgersi dinanzi al reale giudice competente, quello della Monar-
chia . Il religioso dunque chiese che il tribunale ordinasse subito al
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provinciale di trasmettere via gravaminis tutti gli atti del procedi-
mento, «acciò si possi scoprire l’innocenza dell’esponente et concerto
81 Dichiarazione di Onofria Ferrara dinanzi al collegio nominato dall’ordine dei
Minimi, ivi, carte non numerate; cfr. anche le testimonianze della sorella Domenica
e delle vicine di casa, ivi, carte non numerate, 21 febbraio 1640.
82 Relazione da fra Bonaventura da Noto, attuario della Curia provinciale dei
Minimi, ivi, carte non numerate, non datato.
83 Supplica di padre Vincenzo da Palermo al provinciale dei Minimi, ivi, carte non
numerate, non datato.
84 Relazione al giudice della Monarchia sul memoriale di padre Vincenzo da Palermo,
ivi, carte non numerate, 22 febbraio 1640.
85 Ivi; cfr. anche Atto del giudice della Monarchia sul memoriale di padre Vincenzo
da Palermo, ivi, carte non numerate, 22 febbraio 1640.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)