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Il Tribunale della Regia Monarchia di Sicilia nel XVII secolo    707


                    soggetta a continue ridefinizioni e contrattazioni». E altre volte do-
                    vette pronunciarsi negli innumerevoli conflitti che la riforma aveva
                    determinato, le cui parti erano costituite dal Capitolo metropolitano
                    e  dal  Senato:  dispute  relative  alla  celebrazione  delle  esequie,  que-
                    stioni relative alla cura pastorale o alla violazione da parte del clero
                    delle prerogative della città .
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                    4. Giurisdizioni e realtà cetuali

                       La  Regia  Monarchia,  ancora  nel  corso  del  XVII  secolo,  si  trovò
                    coinvolta in procedimenti che riguardavano associazioni laicali sot-
                    toposte,  benché  in  modo  generico,  alla  giurisdizione  vescovile  dal
                    Concilio di Trento . Particolarmente delicata era la realtà rappresen-
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                    tata dalle confraternite; una più precisa definizione della loro subor-
                    dinazione all’ordinario diocesano era giunta nel 1604, allorché Cle-
                    mente VIII aveva emanato la bolla Quaecumque a Sede Apostolica .
                                                                                      55
                    Si  trattava  di  sodalizi  che  coniugavano  «devozione,  carità,  solida-
                    rietà», canali con cui entravano in relazione con la realtà cittadina .
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                       Nel 1648 una controversia oppose la confraternita dei Santi Co-
                    sma e Damiano e i Frati Minori Osservanti del convento di Santa
                    Maria  Maddalena.  Il  vicario  generale  capitolare,  data  la  sede  va-
                    cante, su richiesta della Corte arcivescovile, aveva ordinato che en-
                    tro due giorni la Confraternita lasciasse la sua chiesa e i locali an-
                    nessi, sotto pena di 25 onze, da destinare alla “Camera arcivesco-
                    vile”, e sei mesi di carcerazione per ciascuno dei rettori del sodalizio.
                    La chiesa era stata infatti destinata ai Francescani che avrebbero
                    dovuto cedere la loro per il «servitio di Sua Maestà Catolica». I diri-
                    genti  della  Confraternita  ritenevano  che  l’atto  fosse  privo  di  reali
                    motivazioni e dunque da annullare: a loro parere, non si sarebbe
                    potuto invocare il “servizio del re”. Infatti, vi era stata una richiesta
                    della Corona ai religiosi, che non riguardava però il loro convento
                    ma la chiesa di Santa Maria Maddalena, di proprietà dell’omonima
                    confraternita; avrebbero tra l’altro potuto trasferirsi in altro sito ap-
                    partenente all’ordine, in città o fuori. Inoltre, sostenevano che in
                    una situazione di sede vacante tanto il vicario generale quanto il


                       53  Ivi, pp. 126-137.
                       54   D.  Zardin,  Le  confraternite  nel  rinnovamento  cattolico  cinque-seicentesco,  in  M.
                    Gazzini (a cura di), Studi confraternali: orientamenti, problemi, testimonianze, Reti Me-
                    dievale E-Book, 2009, p. 207.
                       55  M. C. Rossi, Vescovi e confraternite (secoli XIII-XVI), ivi, p. 128.
                       56  S.Fodale, Prefazione, in V. Russo, Il fenomeno confraternale a Palermo (secc. XIV-
                    XV), Associazione Mediterranea, Palermo, 2010, p. 1; cfr. anche M. C. Di Natale (a cura
                    di), Le confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, Edi Oftes, Palermo, 1993.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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