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                studiosi della fiscalità, vale a dire i testamenti. Si tratta di una fonte
                che si ritrova in ogni archivio d’Europa, e che è in grado di fornire,
                talvolta, informazioni eccezionali anche sulla mentalità e sugli atteg-
                giamenti dei contribuenti. Apriamo il registro di Giulio Ziliol, un no-
                taio che lavora a Venezia verso la fine del XVI secolo . Dai testamenti
                                                                  43
                che ha redatto nel corso della sua attività emergono cittadini, popo-
                lani e patrizi, che si preoccupano che i loro eredi ottemperino al do-
                vere di pagare le imposte. Così, ad esempio, Giulia Barbo, vedova di
                Nicolò Salomon, nel 1595 intima ai suoi eredi di aver cura dei propri
                beni, «pagando le sue tanse et decime a suoi tempi»; e se per caso
                qualcuno non seguisse i voleri di Giulia, sia privato dei suoi diritti
                sui beni spettanti. Anni prima, nel 1568, Nicolò Carlo aveva invitato
                i figli a «viver morigeratamente et cautamente, governando quel pocco
                gli lasso se non ne potranno più acquistare, et sopra il tutto pagare
                le decime et imposicioni che di tempo in tempo si meteranno, acciò
                la pena non manzi il cavedale et sia venduto quel che vale cento per
                cinquanta».  Nicolò  è  fortemente  preoccupato  dal  pericolo  che,  non
                pagando le imposte, i suoi eredi vedano i propri beni sequestrati e
                poi venduti all’asta, come poteva accadere. Qui il potere coercitivo
                del governo è riconosciuto e temuto. Diverse, invece, le considera-
                zioni che svolge il nobile Antonio Morosini, che nel 1593 ricorda ai
                suoi successori che è doveroso che «habiando la intrada habia la sua
                gravezza». Le parole di Morosini sembrano riflettere la comune opi-
                nione, giunta sino ai giorni nostri, a sostegno del mito che attribuisce
                alla casta dirigente veneziana un elevato senso dello stato, che poteva
                addirittura contrastare gli interessi privati dei patrizi stessi. Nel caso
                specifico, è lecito supporre che Morosini tentasse di tutelare i suoi
                familiari dalla minaccia che, essendo contribuenti morosi, essi po-
                tessero essere attaccati da una fazione patrizia avversaria. È oppor-
                tuno domandarsi se questi pochi esempi, tratti da una documenta-
                zione colossale che attende di essere pienamente sfruttata, possono
                essere generalizzati alla società veneziana e, inoltre, se esistono ana-
                loghi atteggiamenti nel resto d’Europa .
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                   43  ASV, Venezia, Notarile, Testamenti, busta 1249.
                   44  La lettura di testamenti inglesi pubblicati in Wills and Inventories from the Registry
                at Durham, III, Surtees Society, Durham, 1906; North Country Wills, Surtees Society,
                Durham, 1908; Selection of Wills from the Registry at York, II, IV, V, VI, Surtees Society,
                Durham, 1855-1906, non ha permesso di rintracciare analogie con i casi veneziani.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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