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Cesare Ballanti. Una carriera di polizia... (1846 – 1910)        331



             l’ambigua posizione del questore e dei suoi uomini: non è facile, infatti,
             comprendere quanto i contatti tra la Polizia partenopea e alcuni camor-
             risti siano funzionali alla raccolta di preziose notizie e quanto, invece,
             ambigui legami utili a consolidare le posizioni dei candidati governa-
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             tivi . Il processo Cuocolo si inserisce in questo contesto, dominato da
             un acceso confronto politico e dal diffondersi di voci di una piena col-
             lusione tra Pubblica Sicurezza e camorristi, talvolta manovrate dai
             socialisti e dai loro giornali.
                Quando il 6 giugno 1906 viene ritrovato il cadavere di Cuocolo, Bal-
             lanti segue due piste, quella che porta a Enrico Alfano e quella che
             decide di seguire uno dei suoi sottoposti, il delegato Ippolito, a capo
             della brigata mobile di Napoli e già alle dipendenze di Cesare in Sicilia,
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             durante le operazioni per la cattura del brigante Varsalona . Ippolito
             si affida alla sua rete di confidenti e, grazie alle rivelazioni di un ricet-
             tatore, tal Ascrittore, ricostruisce i contorni di una vicenda completa-
             mente diversa rispetto alle ipotesi che in quegli stessi giorni stanno
             vagliando i Carabinieri: mentre gli uomini dell’Arma sono convinti che
             a ordinare l’omicidio siano stati i presunti alti vertici della camorra,
             Ippolito ritiene che il delitto sia stato compiuto da due ricettatori, De
             Angelis  e  Amodeo,  antichi  collaboratori  di  Cuocolo,  il  quale,  così
             vogliono le voci raccolte dal funzionario, si sarebbe rifiutato di spartire
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             i proventi di un furto di gioielli . Ballanti invita Ippolito a continuare
             nelle sue indagini, ma gli dà ordine di non comunicare le risultanze al
             procuratore del Re, «per non creare possibili dualismi con l’Autorità
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             Giudiziaria e con l’Arma dei Reali Carabinieri» .
                Il questore, probabilmente, ha intuito che le indagini dirette dal
             capitano Fabbroni seguono una pista pericolosa per la Questura. Rive-
             lare al procuratore che la Polizia sta svolgendo ricerche secondo ipotesi
             opposte rispetto a quelle dell’Arma e all’insaputa dell’autorità giudizia-
             ria condurrebbe allo scontro diretto con i Carabinieri, che peraltro,
             nonostante tutte le cautele del questore, vengono a sapere delle inda-
             gini di Ippolito. Il diverbio tra il capitano Fabbroni e Ballanti è solo l’ini-
             zio del confronto tra i due corpi. La tensione arriva a tal punto che i
             Carabinieri raccolgono una serie di prove per incriminare di fronte





                70  Ciconte propende per questa seconda ipotesi, cfr. E. Ciconte, Storia criminale. La
             resistibile ascesa di mafia, ‘ndrangheta e camorra dall’Ottocento ai giorni nostri, Rubbet-
             tino, Soveria Mannelli, 2008, p. 270.
                71  Cfr. In guerra contro un latitante siciliano, «La Stampa», 16 ottobre 1902.
                72  “Delegato Ippolito a direttore generale P.S. Leonardi”, lettera del 23/02/1897, in
             Acs, ministero dell’Interno, direzione generale P.S., divisione affari generali e riservati,
             atti diversi, b. 2, fasc. “Processo Cuocolo”.
                73  Ibidem.


             n.43                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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