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Storia e letteratura. Catania, il fascismo e la guerra nel racconto di Sebastiano Addamo 337



             nella creazione di identità culturali e/o sociali. Ma ci si può spingere
             anche su un altro terreno, oltre l’assunzione della letteratura come
             documento. Si può cioè provare ad analizzare i modelli e meccanismi
             di rappresentazione della ‘finzione’ letteraria per trarne indicazioni utili
             per le nostre rappresentazioni. Per evitare equivoci su possibili confu-
             sioni di ruoli e saperi conviene però entrare subito nel merito.
                  Questo contributo prende in esame, a partire dalle considerazioni
             sopra svolte, il romanzo/saggio di Sebastiano Addamo, Il giudizio della
             sera pubblicato nel 1974 a Milano dall’editore Garzanti e ripubblicato
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             nel 2008 da Bompiani . Un libro bellissimo quanto sfortunato. L’attacco
             ad alcuni luoghi comuni della cultura marxista di quegli anni e l’ironia
             nei confronti di Marx (vedremo) non ha certo giovato alla sua diffusione.
                  A mia conoscenza la più efficace descrizione di Catania negli anni
             del secondo conflitto mondiale in un romanzo la dobbiamo a Seba-
             stiano Addamo. Un ‘provinciale’ che ha trascorso a Catania gli anni
             giovanili della formazione, prima gli anni di liceo (cui fa riferimento il
             testo in questione), poi l’università, infine da anziano pensionato, dopo
             aver vissuto a Lentini. Quel che sorprende, leggendo il racconto, è la
             complessità  e  profondità  di  rappresentazione  che,  apparentemente
             inserendosi nel solco della tradizione letteraria degli ‘ingravidabalconi’
             e delle descrizioni brancatiane (l’ossessione della ricchezza e soprat-
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             tutto del sesso) , forza i luoghi comuni per rivelare le complesse arti-
             colazioni e relazioni del tessuto sociale. Ma ancor più sorprende il fatto
             che la sua rappresentazione si contrapponga in modo evidente alla tra-
             dizionale separazione che ancora negli anni ’70 (e oltre) aveva caratte-
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             rizzato l’approccio delle scienze sociali alla città . Da una parte storici
             e sociologi descrivevano gli ‘uomini’, dall’altra gli architetti le ‘case’, per
             esprimersi schematicamente. E ciascuno stava saldo nella sua parte.
             Le case restavano vuote e gli uomini senza un tetto. Le azioni dei “cit-
             tadini” galleggiavano nel vuoto di uno spazio urbano indifferente.
                  Nel romanzo, una storia di formazione raccontata alla luce della
             tarda maturità, Addamo fa i conti con il parricidio, e sarebbe meglio
             dire il suicidio dei padri, protagonisti di un mondo, il fascismo, che
             nella tragedia bellica aveva trovato la sua tragica fine. Ma esplicita-




                  7  S. Addamo, Il giudizio della sera, a cura di Sarah Zappulla Muscarà, Garzanti,
             Milano, 2008. Da questa edizione le nostre citazioni.
                  8  Per definire i catanesi Addamo parla di «laico gusto della vita che perennemente
             li insegue e perseguita, il folle e caotico e quasi levantino affanno dietro la ricchezza e
             dietro il sesso, i due tragici despoti del catanese». S. Addamo, Il giudizio della sera cit.,
             p. 11. Quando non diversamente indicato le citazioni sono tratte da questo romanzo.
                  9  Cfr. B. Lepetit, C. Olmo, E se Erodoto tornasse ad Atene? Un possibile programma
             di storia urbana per la città moderna, in Id. (a cura di), La città e le sue storie, Einaudi,
             Torino, 1995, pp. 3-50


             n.43                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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