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342 Enrico Iachello
riferimento al complesso urbano, in un legame che – s’è visto – l’autore
teorizza e quasi rivendica per comprendere il ‘senso della città’.
Rispetto alle tradizionali ‘vedute’ dei viaggiatori sette-ottocenteschi da
cui questo schema proviene, la prospettiva di Addamo è però rove-
sciata. In quelle, sulla città ‘vista’ dal mare il vulcano sovrastava con
la sua mole imponente, spesso distraendo l’osservatore, affermandosi
come principale motivazione della veduta. Nel nostro romanzo l’Etna è
‘alle spalle’ e se pure si staglia «nei giorni di sereno» («ancora non osta-
colata dall’implacabile cemento»: un altro raffronto passato /presente
affidato a una notazione topografica), resta fuori dalla visuale dello
scrittore. La città è il suo vero centro di interesse e alla concreta arti-
colazione urbana sono legati uomini e vicende.
Si osservi la descrizione del fascismo e del consenso di cui godeva
tra la popolazione e in particolare tra i giovani, Gino e i suoi amici tra
questi.Il racconto si addentra nei luoghi ‘strategici’ della vita cittadina:
le piazze e soprattutto il bar, luogo di socialità per eccellenza, e la
scuola (data l’età dei protagonisti). Nel bar, dove i maschi si accampano
per parlar di donne e giocare a carte, Gino apprende l’ingresso in
guerra dell’Italia nell’estate del ’40. Ed è nei bar, più che in piazza dove
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l’adesione al fascismo è ridotta a uno “spasimo” , che il consenso
diviene “entusiasmo”, “fede”, quotidiana identificazione: «Le carte geo-
grafiche nei bar erano festanti di bandierine, e dietro esse, dietro la
cura dei padroni nel sistemarle e della gente nel rimirarle, c’era la fede
della moltitudine …» (p 14). Pubblicando il suo racconto prima dell’In-
tervista sul fascismo di Renzo De Felice (1975, e tanto scalpore suscitò
in una cultura di ‘sinistra’ all’epoca imperante), con la distinzione/con-
trapposizione tra “spasimo” e “entusiasmo” 22 (contrapposto anche alla
credulità: del padre dice «Non era un credulone bensì un entusiasta e
perciò era fascista» p. 17), tra piazza e bar, Addamo invita a una analisi
non banale dell’inquietante ma innegabile fenomeno del consenso al
fascismo. Perché lo «spasimo … era la risposta alla lunga stimolazione
21 «La gente era in preda a qualcosa che si poteva chiamare entusiasmo, e invece
non era, poiché trattavasi di quel tal spasimo che per esempio coglie le anime dannate
davanti all’Acheronte», p. 15.
22 Non vorrei forzare la lettura del testo di Addamo, ma mi pare di riscontrare (senza
voler ipotizzare dipendenze o conoscenze) una qualche analogia con le osservazioni di
E.P. Thompson, che all’incirca negli stessi anni, elaborava una proposta innovativa per
la comprensione dei tumulti popolari di antico regime tradizionalmente spiegati in ter-
mini di “spasmo”, risposta a uno stimolo prodotto dalla fame. Thompson spingeva l’in-
dagine più in profondità e si interrogava sul contesto colturale di riferimento delle
comunità, sui processi culturali rivelati/attivati dalla ‘protesta’. Cfr. E.P. Thompson,
Società patrizia, cultura plebea. Otto saggi di antropologia storica sull’Inghilterra del Set-
tecento, Einaudi, Torino, 1981 (i saggi qui raccolti erano stati pubblicati tra gli anni
1967-1978, in particolare nel 1971 su “Past and Present” era apparso il saggio The Moral
Economy of the English Crowd in the XVIIIth Century con il quale noto analogie).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aagosto 2018 n.43
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)