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Storia e letteratura. Catania, il fascismo e la guerra nel racconto di Sebastiano Addamo 341



                  La visione strutturalista, il ‘sistema globale’, che tenendo insieme
             la città alimenta l’illusione di eternità («sembravano eterni … la pigra
             chiacchierata nei crepuscoli, l’errabondo acciottolio delle carrozze, la
             stridula familiare cantilena del tram nel mattino», p.12) rende ancor
             più tragica la fine. Crollano sotto le bombe le case così come sono
             ‘caduti’ sotto la fame gli abitanti, che sembrano d’un tratto muoversi
             quasi disarticolati via via che il dramma si compie, e si perdono ruoli
             e dignità, mentre avanza nella piena luce del giorno la marea delle pro-
             stitute, tracimata dal sito che le era proprio, il quartiere San Berillo.
             Se  il  buio  propiziava  sogni  e  incontri  proibiti,  allo  stesso  modo  li
             nascondeva non tanto, o non semplicemente, per ipocrisia, ma per
             decoro. Quel decoro urbano che si era da subito imposto al ragazzo,
             quasi con orgoglio municipale, marcando la differenza verso il «fore-
             stiero» («e tale in quel tempo era – quasi straniero – chi abitasse a 30
             chilometri», la distanza di Lentini da Catania).
                  All’inizio è lo spettacolo urbano, come una festa che provoca lo stu-
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             pore di Gino contemplante dalla collina Gioeni «un calmo lontano pul-
             viscolo di case chiare e vetri scintillanti, un’ampia conca circondata di
             alberi e silenzio, e le case, i palazzi, le strade, gli alberi folti di Villa Bel-
             lini, e il verde pallido degli altri alberi di Villa Pacini» (p. 10).
                  Per cogliere, e proporre al lettore, «il senso della città», prima di
             condurlo all’interno della brulicante vita urbana a seguire da presso le
             vicende dei protagonisti del romanzo, a dotar anch’esse di una cornice
             e di un senso più ampio, Addamo si piazza sulla collina Gioeni e quel
             groviglio di case e palazzi lascia degradare verso il porto. «Il mare –
             annota  –  resta  la  dimensione  di  Catania:  sbocco  e  insieme  limite»
             (p.10).
                  Quasi assumendo l’andamento dei racconti di viaggio, della grande
             letteratura di viaggio, il racconto di Addamo utilizza gli approcci ‘da
             lontano/da vicino’, allargando e restringendo alla bisogna il suo obiet-
             tivo. Dalla collina e dalla visione d’insieme che consente, scende in città
             per addentrarsi tra le vie, le viuzze e i vicoli e osservare ‘da vicino’ «gli
             uomini al lavoro, la varia circolazione dei carri, dei camion, delle auto»,
             spingendosi ad ascoltare «il riottoso grido dei rivenditori, i rumori delle
             officine» e persino «le lente conversazioni che pure avvenivano di porta
             in porta» (p.11). Lo schema da lontano/da vicino con cui la città è rap-
             presentata nel romanzo è la soluzione descrittiva per tenere stretta-
             mente  connessi  uomini  e  case  e  strade  e  piazze  senza  perdere  il





                  20  «E nei primi giorni, a camminare sotto gli alberi di villa Bellini piena di uccelli,
             in quella folla di uomini e donne, a guardare i negozi e i palazzi …; tra il rumore dei tram
             e delle auto, ci sembrava di stare in festa» (p.12).


             n.43                            Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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