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338 Enrico Iachello
mente prendendo le distanze dal “ricordare” proustiano, il nostro
percorre le vie della complessa ricostruzione di una storia in cui luo-
ghi e persone sono colti nel profondo legame che si stabilisce tra
spazio e società. E viene subito da chiedersi da dove provenisse que-
sta sensibilità e questa capacità di leggere la complessità urbana,
prevalente essendo nella letteratura di quegli anni una linea
appunto per così dire proustiana che scioglieva ‘nell’immaginazione’
la descrizione. Sin dall’inizio (lo vedremo a breve) la differenza dal-
l’autore della Recherche è rivendicata e, alla fine del racconto,
ancora ribadita contrapponendo alla tazza di tè di Proust una tazza
di caffè che i protagonisti bevono centellinandolo dopo una lunga
privazione: «quasi che in quella tazza … ciascuno stesse vivendo non
tanto la malinconia del proprio passato, come nella tazza di tè di
Proust, bensì il vibrante timore del presente, l’orrore del futuro»
(p.125).
Se il caffè del signor Domenico (il marito della proprietaria della
pensione dove il nostro adolescente e i suoi compagni alloggiano) ha
un sapore diverso, ben più forte e tragico del tè proustiano, altrettanto
netta appare un’altra differenza evidenziata dal confronto con le
‘assenze’ nella descrizione di Orano di Camus e le ‘presenze’ in quella
di Addamo. In effetti analoga rispetto a Proust è la presa di distanza,
sia pure apparentemente meno esplicita. Si rilegga e confronti l’am-
bientazione urbana del romanzo La peste dello scrittore francese, di
cui lo scrittore lentinese si è con grande lucidità occupato proprio negli
10
anni di elaborazione del suo ‘serale’ giudizio .
Con il romanzo di Camus non mancano invero punti di contatto e
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rinvii , ma la rappresentazione di Catania sembra per più aspetti
costruita e contrario rispetto a quella di Orano, la città franco-algerina
dove è ambientata La peste. Come Camus anche Addamo avvia il rac-
conto con la descrizione dei luoghi dell’azione. Ma gli stessi elementi
che in Camus sono invocati a definirla per assenza, in Addamo diven-
tano presenze. Camus, Orano: «la città in se stessa, bisogna ricono-
scerlo, è brutta ... Come immaginare, ad esempio, una città senza
piccioni, senza alberi e senza giardini, dove non si trovano né battiti
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d’ali né fruscii di foglie» . Addamo, Catania: «un’ampia conca circon-
data di alberi e di silenzio, e le case, i palazzi, le strade, gli alberi folti
10 S. Addamo, Introduzione a Albert Camus, «Annuario dell’Istituto Magistrale Tur-
risi Colonna 1968-69», Catania 1969, pp. 145-162.
11 Debbo a Silvano Nigro l’indicazione del saggio di Addamo su Camus, di cui alla
nota precedente, e di alcune analogie tra Il giudizio della sera e La peste.
12 A. Camus, La peste, in Id., Opere. Romanzi, racconti, saggi, a cura di Roger Gre-
nier, Bompiani, Milano, 2000, p. 373.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Aagosto 2018 n.43
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)