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Una famiglia di professionisti nella Sicilia del Cinque-Seicento 263
nere, con margini di dubbio invero minimi, che l’opera si configuri come un
raro esemplare, forse un unicum del genere, e che pertanto possa proporsi
quale documento ineludibile per la ricostruzione dei conflitti giurisdizionali tra
Spagna e S. Sede intorno alla metà del sec. XVII, al pari di analoghi scritti, più
diffusi in altre parti d’Europa. Da segnalare è il profilo dell’autore. Si tratta di
un ecclesiastico – aspetto di per sé non qualificante nell’ambito della letteratura
specifica – già attivo nella pratica del foro prima dei voti sacerdotali, legato per
estrazione familiare alle magistrature centrali del Regno: di un soggetto, in altri
termini, non riconducibile agli apparati, seppur ad essi contiguo, e con fre-
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quentazione di personaggi eminenti della curia pontificia .
Tali peculiarità si rendono più evidenti qualora si consideri che la lettera-
tura sull’argomento, disponibile a stampa, appare di utilità assai relativa. Due
aspetti hanno infatti in comune le opere che hanno trattato la questione della
Regia Monarchia: la loro concentrazione in periodi di scontro politico tra la
potestà civile e l’ecclesiastica, e dunque la loro fuorviante vis polemica che le
anima, l’esser rimaste inedite, com’è il caso del Tractatus, per il veto incrociato
di papi e principi apposto – attraverso gli strumenti legislativi dell’imprimatur
e dell’exequatur – ad ogni iniziativa editoriale su temi inerenti la giurisdizione,
salvo esser riproposte, alcune, in periodi di nuovi conflitti, il che ha impedito,
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peraltro, di collocarle nel periodo storico in cui esse furono composte ...
[Per Abruzzo] la giurisdizione è diritto umano, non divino in virtù del prin-
cipio della separazione delle potestà, ricade cioè nella sfera del temporale. Ne
consegue l’adesione senza riserve alla tesi, corroborata da incursioni nella sto-
ria giuridica romana, secondo cui la giurisdizione dei vescovi deriva per indulto
da una concessione dei Principi, non da Dio… È inoltre dell’opinione che il
vescovo non debba tenere familia armata, giacché le armi proprie del clero sono
le preghiere…, sottolineando la differenza tra territorio e diocesi, laddove l’uno
presuppone la giurisdizione, l’altra l’amministrazione delle cose sacre, ed affer-
mando che il vescovo sia tenuto a far conoscere sommariamente, incidenter,
gli atti del processo al giudice laico prima che questi gli conceda il braccio
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armato ...
Ciò che tuttavia distingue l’autore del Tractatus è [la] libertà nella fruizione
degli scritti dei regalisti sottoposti a censura, espurgati o in via di espurgazione,
specie negli anni tra il 1643 ed il 1647,… per affermare che le prerogative in
sacris dei sovrani di Sicilia non sono abrogabili dal Concilio o dalla bolla In
Coena Domini… Emerge su tutti, quale costante suo punto di riferimento tra i
curialisti, Antonino Diana, fiero avversario della Monarchia sicula, sia pure
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per contrastarne le opinioni .
82 Ivi, p. 11.
83 Ivi, pp. 11-12.
84 Ivi, p. 72.
85 Ivi, p. 75.
n.43 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)