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              Le  difficoltà  per  la  pubblicazione  del  Tractatus,  un’opera  che  lo
           aveva così a lungo impegnato, turbarono notevolmente Baldassare, che
           da allora si propose di «intendere e scrivere conforme allo intendimento
           di detta Santa Chiesa», come confessò al nipote Vittimara proprio a
           conclusione del Dialogus de sanctorum angelorum custodia, già pronto
           nel 1648 ma dato alle stampe solo nel maggio 1651. A Tommaso, che
           gli chiedeva: «so ch’avete mandato in luce alcune opere de lege civile,
           come l’interpretazione della prammatica unica, et in tempo ch’era [=
           che io, Tommaso, ero] aggiutante del vostro studio, la lettura prattica-
           bile e li commentari al cap. 62 di Re Ferdinando, havete adesso opi-
           nione di mandar in luce opere temporali o ecclesiastiche», Baldassare
           rispose: «Vi dirò. Io fu tredici anni dottor seculare et ho sodisfatto
           all’obligo ch’havea come tale, doppo per gratia del Signore mi fece
           sacerdote, voglio attendere alle cose ecclesiastiche, et habbiamo com-
           posta  questa  operetta  devota  et  una  disputa  de  Primatu Pontificis
           Romani eiusque Sedis dignitate non transferenda, nella quale ho pro-
           curato imitar S. Thomaso nelle questioni disputate e sto essercitan-
           domi nella Sacra Scrittura per satisfare in alcuna parte all’obbligo
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           sacerdotale» .
              Da allora Baldassare non si mosse più da Castelbuono: nel 1657
           ruppe i rapporti con l’indebitato fratello Gaspare e, dopo un trentennio,
           gli sottrasse l’amministrazione dei suoi beni. In data che non sono riu-
           scito ad accertare con esattezza, ma nel 1663, fece presso il notaio
           Luciano Russo un nuovo testamento, al quale nel settembre 1664 fece
           seguire nuovi codicilli che rimettevano tutto in discussione. Contraria-
           mente a quanto aveva disposto nel 1649, adesso ordinava che il suo
           cadavere fosse sepolto nella chiesa di Santa Maria del Soccorso, l’antico
           pantheon dei Ventimiglia nel borgo suburbano del Fribaulo ormai disa-
           bitato, e precisamente nella cappella di San Michele, in luogo scelto
           dall’arciprete, al quale lasciava ben 60 onze, di cui onze 2 per la cap-
           pella e onze 58 per le spese del suo funerale e per la celebrazione di
           messe lette, in ragione di tarì 1 ognuna, per metà nella citata cappella
           e per metà nella cappella degli Angeli Custodi nella chiesa madre. Alla
           Comunia dei sacerdoti di Castelbuono legava 200 ovini (in sostituzione
           dei 120 legati col testamento) che lui stesso aveva concesso in gabella
           a Giovanni e Pietro Failla e ordinava anche che col canone della gabella
           fossero celebrate altre messe lette.
              Aveva lasciato a Diana Castagna, sorella del defunto chierico Fran-
           cesco Polvina, la vigna detta la Cavallarizza, gli ulivi in contrada Cas-





              86 B. Abruzzo, Dialogus de sanctorum angelorum custodia cit., pp. 52-53.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Agosto 2018       n.43
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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