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L’aria innocente. Geronimo Gatta e le sue fonti 589
Paglione. Aveva la febbre alta, dolore a un orecchio, la sua urina era
scura. Poco dopo, l’uomo morì, come pure morirono coloro che gli
erano stati vicini. Gatta capì che si stava diffondendo la peste e fuggì
verso Sala, nel Vallo di Diano, dove vivevano sua moglie e i suoi figli
(era il 22 marzo). Benché non si soffermi sul modo in cui era stata
gestita l’epidemia, è chiaro che a suo avviso si era verificata una tale
tragedia (la mortalità nella sola città di Napoli fu di un minimo di
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200.000 persone ), perché era mancata prudenza. Molto probabilmente
il morbo si era diffuso in città dopo lo sbarco della soldatesca da una
nave proveniente dalla Sardegna, dove già imperversava la peste; ciò
era accaduto nonostante i rapporti con l’isola fossero stati ufficialmente
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interdetti il 28 luglio del 1652 . Dai primi casi di peste ai primi bandi
del viceré, il conte di Castrillo, e dei Deputati della salute, alla fine di
maggio, trascorsero inoltre settimane cruciali. A lungo fu proibito par-
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lare di peste , mentre da Napoli continuavano a partire soldati destinati
al contesto milanese, in cui era in atto un’offensiva francese .
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Al principio di maggio – forse su sollecitazione del cardinale Filoma-
rino – il viceré si rivolse ai medici più in vista perché si riunissero e
discutessero il da farsi. Alla riunione, che si tenne a casa del protome-
4 In genere si ritiene che la peste sia iniziata più tardi, tra marzo e maggio. Mi limito
a citare I. Fusco, Peste, demografia e fiscalità nel Regno di Napoli del XVII secolo, Fran-
coAngeli, Milano, 2007, pp. 103 sgg e Ead., La grande epidemia. Potere e corpi sociali di
fronte all’emergenza nella Napoli spagnola, Guida, Napoli, 2017, p. 79; utile quanto si
legge nel saggio di Gabriella Botti in La peste del 1656 a Napoli e dintorni nei registri par-
rocchiali del tempo, «Atti dell’Accademia di scienze morali e politiche», 91 (1980), pp. 213-
38, p. 218: «Nel mese di maggio 1656 – leggiamo nel libro dei defunti della congregazione
dei padri dell’Oratorio – si scoprì nella nostra città il morbo contagioso della peste, che
benché alcuni mesi prima si havesse fatto conoscere nelle parti inferiori della città, cioè
mercato, consimili, nel suddetto mese poi cominciò a stendersi del tutto».
5 I. Fusco, Peste, demografia e fiscalità nel Regno di Napoli del XVII secolo cit., pp.
103 sgg.
6 S. De Renzi, Napoli nell’anno 1656: ovvero, documenti sulla pestilenza che desolò
Napoli nell’anno 1656, D. dei Pascale, Napoli, 1867, p. 350 sgg, pp. 154-156; F. Manconi,
Castigo de Dios: la grande peste barocca nella Sardegna di Filippo IV, Donzelli, Roma,
1994; L. Fumi, La peste di Napoli del 1656 secondo il carteggio inedito della Nunziatura
pontificia, «Studi e documenti di storia e diritto», 16/2-3 (1895), pp. 121-132; G. Calvi,
L’oro, il fuoco, le forche: la peste napoletana del 1656, «Archivio storico italiano», 139
(1981), pp. 405- 458: p. 447.
7 Sul medico, Giuseppe Bozzuto, che per primo parlò di peste e fu costretto a vivere
in una dimora malsana, cfr. G. Campanile, Cose degne di memoria accadute nella città
di Napoli, in particolare, Della peste di Napoli dell’anno bisestile 1656, Napoli, SNSP XXVI
D 5, c. 10 r sgg; I. Fusco, Peste, demografia e fiscalità nel Regno di Napoli del XVII secolo
cit., p. 35.
8 Cfr. E. Nappi, Aspetti della società durante la peste del 1656. Dai documenti dell’Ar-
chivio storico del Banco di Napoli, Edizione del Banco di Napoli, Napoli, 1980, p. 14; I.
Fusco, Peste, demografia e fiscalità nel Regno di Napoli del XVII secolo cit., p. 382 sgg.
n.44 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)