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594 Silvana D’Alessio
Beatrice si stupì a sua volta per quella notizia, ricordando che qual-
cosa di simile era accaduto nel 1348, al tempo della Peste Nera,
quando si credette che il morbo fosse stato introdotto dagli ebrei,
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mediante «polveri e unguenti avvelenati» . Le sembrava insomma che
si fosse tornati al Medio Evo! Le reazioni di Geronimo e di Beatrice
Caracciolo non sono scontate dal momento in cui vari medici e scien-
ziati, da Marco Antonio Alaymo 31 a Pietro Castelli 32 a Carlo More-
xano 33 ad Athanasius Kircker, ritenevano che la peste si potesse
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trasmettere artificialmente .
Prima di soffermarci sulle questioni chiave che Gatta affronta, è
opportuno tener presente ancora qualche segnale che viene dalle prime
pagine del volume. Le dichiarazioni in favore dell’imprimatur sono
infatti a firma del protomedico Francesco Liotta cui ho accennato e di
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Antonio Cappella , uno dei medici gravitanti intorno all’arcivescovo
Ascanio Filomarino . Gatta accenna poi a Liotta nel suo trattato, spie-
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gando che al principio dell’epidemia voleva ‘chiudere’ il quartiere Lavi-
naro, dove si erano verificati i primi casi di ‘morti improvvise’,
«ritenendo che il male che cominciava non fosse altro che peste», ma
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era prevalso un altro ‘partito’ . È un frammento di storia che trova
conferma anche nella biografia di Lucantonio Porzio (allievo di Tom-
maso Cornelio): «Francesco Liotta, calabrese di Nazione e Protomedico
in quel tempo seriamente attestò, che pestilenza fosse stato quel
morbo, e niente gli calse, che per tal ragione, fosse egli stato rimosso
30 Ivi, p. 5.
31 M.A. Alaymo, Consigli politico-medici (1652) in Filosofia e Scienze nella Sicilia dei
secoli XVI e XVII, vol. II, Testi, a cura di, Centro di Studi per la Storia della Filosofia in
Sicilia, Catania, 1996, p. 9.
32 Cfr. P. Castelli, Flagello della peste del dottor P.C. romano […] nel quale si conside-
rano le cose sospette di contagio e si propone il rimedio di correggerle, Per gli Heredi di
Pietro Brea, Messina, 1656, p. 117.
33 C. Morexano, Il torchio delle osservationi della peste di Napoli nell’anno M.DC.LVI
cit., p. 20.
34 Cfr. A. Kircher, Scrutinium Physico-Medicum Contagiosae Luis quae dicitur Pestis
[…], Haered: Schüreri & Gotzii, Typis Baverianis, Lipsiae, MDCLIX, pp. 105 sgg; M. Con-
forti, Peste a stampa. Trattati, relazioni e cronache a Roma nel 1656, in I. Fosi (a cura
di), La città assediata. La peste a Roma (1656-1657), «Roma moderna e contemporanea»,
1 (2006), pp. 135-58: p. 141.
35 Gatta, Di una gravissima peste, p. I.
36 La pubblicazione fu approvata dinanzi all’arcivescovo, Ascanio Filomarino, il 21
marzo 1659; Cappella aveva dedicato componimenti poetici al Filomarino e a tre suoi
fratelli: In quatuor Philamarinae Proceres Familiae Epinicia, Franciscum Savium, Napoli,
1649; su Cappella, vissuto tra il 1620 e il 1690, autore di vari testi medici in cui è evi-
dente il debito con Lucrezio, cfr. M. Torrini, Tommaso Cornelio e la ricostruzione della
scienza cit., p. 149.
37 G. Gatta, Di una gravissima peste, p. 99.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018 n.44
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)