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                   L’aria innocente. Geronimo Gatta e le sue fonti                 593


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                      Andrea Concublet aveva allora trentotto anni ; il fatto che nel suo
                   palazzo di Napoli abbia ospitato l’Accademia degli Investiganti attesta
                   la sua passione per il sapere più innovativo, che evidentemente condi-
                   videva con Beatrice, vedova di suo zio, ma figura sicuramente non ai
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                   margini dell’entourage familiare . I dati che emergono dal trattato di
                   Gatta ce la rappresentano come una donna curiosa e protettrice di chi
                   voleva indagare i misteri della natura, come altri nobili della sua fami-
                   glia. È possibile che il rapporto tra Beatrice Caracciolo e il marchese
                   Concublet sia stato uno dei tramiti attraverso i quali Gatta ha maturato
                   i punti di vista che esprime sulle varie questioni che affronta (dall’ori-
                   gine della peste ai rimedi da usare contro di essa). Va infatti conside-
                   rata  anche  la  parentela  di  Beatrice  con  il  principe  di  Avellino  –
                   Francesco Marino Caracciolo – vicecancelliere del Regno e protettore
                   di letterati e medici, tra cui Onofrio Riccio, allievo di Severino (inviso a
                   Pignataro) . Al di là di questo legame, il principe di Avellino era stato
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                   vicino  al  marito  di  Beatrice,  Francesco  Caracciolo,  nella  difesa  di
                   Salerno, nel 1648 .
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                       La nobildonna affiora di rado nel trattato, ma sempre come per-
                   sona smaliziata e ‘moderna’ nella sua apertura alle novità in ambito
                   medico. Nelle prime pagine, Gatta racconta che, quando seppe degli
                   ‘untori’, gli venne da ridere e piangere nello stesso tempo; ridere e,
                   come scrive, ‘meravigliarsi’ «di alcuni Adulatori che suggerivano que-
                   sti paradossi ai Signori Deputati di Sua Eccellenza» (il viceré), e pian-
                   gere,  per  il  gravissimo  danno  che  quella  voce  avrebbe  arrecato .
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                   di Brienza-Martina (secoli XIV-XVIII), «Mélanges de l’École Française de Rome», 112-2
                   (2000), pp. 687-728, soprattutto, p. 703, n. 69, in cui si legge di come la dote di Beatrice
                   servì ad appianare un debito con Francesco Concublet.
                      25  Andrea Concublet (figlio di Francesco e Felicia Caracciolo) nacque il 16 dicembre
                   del 1621 e morì nell’aprile 1675: F. D’Andrea, Avvertimenti ai nipoti, a cura di I. Ascione,
                   R. Ajello, Jovene, Napoli, 1990, p. 365.
                      26  Nel dedicargli la propria opera, De naturalibus motionibus a gravitate pendentibus
                   (Regio Iulio, 1670), Borelli evoca il museo di Concublet, frequentato da Juan Caramuel,
                   Tommaso Cornelio, Francesco D’Andrea, Leonardo di Capua: M. Torrini, L’Accademia
                   di Sebastiano Bartoli: gli Investiganti cit., p. 35.
                      27  O. Trabucco, Anamorfosi di un medico ‘eretico’ cit., p. 71; il principe deteneva l’uf-
                   ficio di Gran cancelliere e nominò Riccio suo vicecancelliere nel Collegio dei fisici.
                      28  Il fratello di Beatrice, Ferrante Caracciolo III duca di Airola, era padre di Francesco
                   Caracciolo IV duca di Airola (nato nel ’26 e morto nel ’44), che sposò Antonia Caracciolo,
                   sorella del principe di Avellino, Francesco Marino; cfr. R.M. Filamondo, Il genio bellicoso
                   di Napoli; Memorie Istoriche di alcuni Capitani Celebri Napolitani c’han militato per la Fede,
                   per lo Re, per la Patria nel secolo corrente, p. I, D.A. Parrino e M.L. Mutii, Napoli, 1694,
                   p. 90.
                      29  Gatta, Di una gravissima peste, p. 4. Gatta riferisce qui che alcuni negarono che il
                   male fosse peste, avendo ben presenti, tra l’altro, le esigenze del viceré di inviare soccorsi
                   nel contesto milanese.


                   n.44                         Mediterranea - ricerche storiche - Anno XV - Dicembre 2018
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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