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                zione è rivelatrice della percezione che si aveva all’epoca della comu-
                nità armena italiana, vista come una realtà dalle fragili radici nella
                penisola, composta per lo più da persone presenti sul suolo nazionale
                solo per un limitato periodo di tempo, prevalentemente per ragioni di
                studio, o segnate intrinsecamente da una forte precarietà, come le
                centinaia di orfani approdati in Italia, sopravvissuti al tremendo ge-
                nocidio  che  aveva  colpito  gli  armeni  ottomani  durante  la  prima
                guerra mondiale.
                   Per  quanto  sommaria,  tale  descrizione  coglieva,  d’altro  canto,  i
                tratti fondamentali che caratterizzavano la presenza armena in Italia
                agli inizi del Novecento, evidenziando tre grandi “itinerari” che avevano
                portato, nel corso degli ultimi due secoli e poi in anni più recenti, di-
                versi armeni in Italia. Si tratta di percorsi legati ad aspetti culturali,
                religiosi e “umanitari”. Innanzitutto il ruolo rilevante svolto dai Padri
                Mechitaristi dell’isola di San Lazzaro a Venezia. I monaci armeno-cat-
                tolici, costretti ad abbandonare il Peloponneso strappato dagli otto-
                mani alla Serenissima nel XVIII secolo, approdarono in laguna dove
                svolsero un’ampia attività culturale – dalla traduzione allo studio filo-
                logico, dal recupero di testi alla stampa di importanti edizioni – che
                rese Venezia il più rilevante centro culturale armeno in Europa, atti-
                rando eruditi e studenti anche dall’Oriente . Venezia è stata il centro
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                irradiatore del vasto movimento di rinnovamento culturale (in armeno
                Veracnund ossia “Rinascita”) che ha interessato il mondo armeno, tra
                Occidente e Oriente, nella seconda metà del XVIII secolo, diventando
                un polo di riferimento e di attrazione per l’articolata diaspora armena
                che stava strutturando un’ampia rete di relazioni commerciali e cul-
                turali lungo le rotte mediterranee sempre più intensamente frequen-
                tate con lo sviluppo della navigazione a vapore. Lungo il XIX secolo, il
                “commonwealth” armeno nel Mediterraneo si configurò come un in-
                treccio di reti commerciali e familiari capaci di creare uno specifico
                milieu  culturale  attraverso  cui  circolavano  informazioni,  idee,  cono-




                   2  Già nel 1512 l’armeno Hagop Meghapart aveva aperto la prima stamperia a Vene-
                zia. Tra il ‘500 e l’800 nella città furono attive diciannove tipografie che stamparono più
                di 250 titoli in lingua armena. Sugli armeni a Venezia si veda B.L. Zekiyan, L’Armenia e
                gli armeni. Polis lacerata e patria spirituale: la sfida di una sopravvivenza, Guerini, Mi-
                lano, 2000, pp. 103-128. Su Mechitar e il ruolo dei mechitaristi nella rinascita culturale
                armena si veda G. Khosdegian, La Rinascita armena e il movimento di liberazione (secoli
                XVII-XVIII), in G. Dédéyan (a cura di), Storia degli armeni, Guerini, Milano, 2002, pp.
                335-338. Sulla nascita della stampa armena a Venezia si veda il catalogo della mostra
                Armenia. Impronte di una civiltà, a cura di G. Uluhogian, B.L. Zekiyan, V. Karapetian,
                Milano, Skira, 2011, organizzata a Venezia (Museo Correr, Museo Archeologico Nazio-
                nale, Biblioteca Nazionale Marciana, 16 dicembre 2011 – 10 aprile 2012) in occasione
                della ricorrenza del cinquecentenario.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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