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20 Giorgio Del Zanna
alte personalità vaticane dell’epoca c’era chi aveva studiato la lingua
armena come il card. Rampolla, segretario di Stato dal 1887 al 1903 .
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Per quanto sia attestata sin dal medioevo la presenza di famiglie
armene nella penisola, è nell’età contemporanea che la presenza ar-
mena sul territorio italiano divenne sempre più significativa . L’inten-
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sificarsi degli scambi con l’Oriente, specie con Costantinopoli – tra la
fine del XIX e i primi decenni del XX secolo la più grande città “armena”
del mondo – favorirono tale processo, anche se si trattava per lo più di
armeni di “passaggio” che soggiornavano in Italia per periodi più o
meno lunghi, per poi fare ritorno – tranne rari casi – nei luoghi di ori-
gine. Alcune delle famiglie armene residenti oggi in Italia discendono
da alcuni ex-alunni del collegio armeno di Venezia che decisero, nei
primi anni del Novecento, di fermarsi al termine dei loro studi, mentre
alla vigilia del primo conflitto mondiale erano registrate a Milano al-
cune società gestite da armeni, dedite al commercio con il Medio
Oriente, così come a Trieste era presente, sin dalla fine del XVIII se-
colo, una piccola comunità armena. Si trattava, tuttavia, di una pre-
senza ancora sporadica. Fu soltanto durante e subito dopo la prima
guerra mondiale, a seguito delle violenze che investirono le comunità
cristiane ottomane, che la situazione cambiò nettamente. Con la di-
chiarazione di guerra italiana all’Impero ottomano, gli armeni presenti
nella penisola furono oggetto di particolari attenzioni da parte delle
autorità di polizia, in quanto cittadini di un paese ostile . Tuttavia,
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man mano che giungevano in Italia notizie sempre più dettagliate delle
deportazioni e dei massacri in Anatolia, maturò nell’opinione pubblica
italiana una maggior simpatia verso la comunità armena . La rivista
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«Armenia», pubblicata a Torino dal 1915 al 1918 per iniziativa di al-
cuni intellettuali italiani e armeni, contribuì a diffondere informazioni
e conoscenze sul mondo armeno, rendendo visibile per la prima volta
6 L’abate Giancristofano Amaduzzi (1740-92) fu uno dei direttori della Tipografia
vaticana che diede una enorme spinta per le stampe in lingua armena dando nuova
veste grafica ai caratteri dell’alfabeto armeno.
7 Quella armena è una presenza antica, costante ma “discreta” che per diverse ra-
gioni - non ultima il mutamento delle condizioni politiche della penisola italiana - risulta
difficile da valutare in modo preciso. Cfr. C. Mutafian (a cura di), Roma-Armenia. Cata-
logo della Mostra al Salone Sistino, Biblioteca Apostolica Vaticana, 25 marzo-16 luglio
1999, Roma 1999, p. 205.
8 Sui rapporti tra Italia e Impero ottomano allo scoppio della prima guerra mondiale
si rimanda a G. Del Zanna, L’Italia in Oriente alla fine dell’Impero ottomano, in P.L. Bal-
lini, A. Varsori (a cura di), 1919-1920. I trattati di pace e l’Europa, Istituto Veneto di
Scienze, Lettere ed Arti, Venezia, 2020, pp. 123-125.
9 Sulla stampa italiana e il genocidio armeno si veda E. Aliprandi, 1915, cronaca di
un genocidio. La tragedia del popolo armeno raccontata dai giornali italiani dell’epoca,
&MyBook, Vasto, 2009.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Aprile 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)