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Alonso De Ponte, agente e procuratore spagnolo a Roma alla fine del sec. XVI   395


                    esempio, a quale tipo di grazia o beneficio i documenti si riferissero, e
                    quale fosse il ruolo specifico di Alonso de Ponte nella risoluzione di
                    questo affare per conto del vescovo di Oviedo.
                       Per quanto riguarda invece «las cosas de negocios y expeditiones y
                    dineros»  il testatore si rimette ai suoi libri di conti. Su questo aspetto,
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                    relativo proprio alla sua intensa attività di procuratore a Roma e alla
                    sua fitta rete di affari, si avrà modo di tornare nel corso delle pagine
                    seguenti. Attraverso il fratello Pedro de Ponte, istituisce per la moglie
                    Mariana López de Castro una dote di «dos mil ducados de España», e
                    vuole che questa dote le sia «segura y cierta» . Dà inoltre ad Alberto
                                                                 40
                    Martínez de Mata facoltà di riscuotere da Bartolomeo Ricci, canonico
                    di Orbetello, la somma di «cien escudos de moneda», ricevuti da lui in
                    contanti, e che «los haya como cosa propria suya» .
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                       Alonso de Ponte dichiara inoltre di avere «diversas partidas de ce-
                    dulas de cambios que he remitido a España sobre el canonigo Martin
                    Rezio  de  la  santa  iglesia  de  Leon  y  a  otras  personas  para  que  las
                    paguen alla a los responsables de Juan Henriquez de Herrera y Octa-
                    vio Costa» . Sono questi due nomi legati strettamente al mondo finan-
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                    ziario e artistico sia romano che spagnolo tra la fine del Cinquecento
                    e gli inizi del Seicento, e che ritorneranno spesso anche nel suo inven-
                    tario di beni. Originari rispettivamente di Bezerrill, nella diocesi di Pa-
                    lencia, e di Albenga, nella Repubblica di Genova, nel febbraio 1579
                    fondarono a Roma un banco che ebbe grande fortuna, e che effettuò
                    numerose transazioni finanziarie soprattutto per conto di spagnoli. La
                    storica dell’arte Maria Cristina Terzaghi ha notato come i due, nono-
                    stante risiedessero ormai stabilmente a Roma da diversi anni, conti-
                    nuassero a mantenere stretti legami con le loro terre d’origine, che si
                    esprimevano anche attraverso l’iscrizione alle rispettive confraternite
                    nazionali . È interessante a questo proposito un documento del 1605,
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                    conservato  tra  la  documentazione  notarile  dell’Archivio  di  Stato  di
                    Roma,  in  cui  Juan  Enríquez  de  Herrera,  dopo  essersi  dichiarato
                    «español (que) siempre ha vivido en Italia» , afferma che
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                    siempre en Roma tiene pratica de Españoles y de continuo va en la Iglesia de
                    Santyago de la naçion española, y asiste a las congregaçiones asi jenerales
                    como particulares de d.ha naçion, y tanto el como sus hijos estan escriptos



                       39  Asc, Archivio Urbano, Sez. I, vol. 455, c. 27r.
                       40  Ibidem.
                       41  Ibidem.
                       42  M.C. Terzaghi, Caravaggio, Annibale Carracci, Guido Reni tra le ricevute del banco
                    Herrera & Costa, «L’ERMA» di Bretschneider, Roma, 2017.
                       43  Ivi, p. 51.
                       44  Ivi, p. 354. Il documento riportato in Appendice al volume si trova in Archivio di
                    Stato di Roma, Notai dell’Auditor Camerae, b. 5704, c. 384r.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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