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288 Antonio Mursia
spettante a ciascuna monaca constasse di quattro camicie, due pel-
licce, due gonne, due mantelli, quattro fazzoletti da faccia (due bianchi
e due neri), due grembiuli, due paia di sandali, cinque paia di calzette,
quattro lenzuola nonché due coperte da letto .
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Questa dotazione, scelta dalla fondatrice per le moniales di
Adrano, nei decenni seguenti divenne un modello al quale si ispira-
rono i patrocinatori dei monasteri palermitani di santa Maria de
latinis e di santa Maria Nuova . Infatti, sia il vicecancelliere Matteo
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di Salerno sia Goffredo e Aloisia Martorano si rifecero al documento
di fondazione di santa Lucia di Adrano per istituire i loro rispettivi
monasteri. In questa maniera, i fondatori dei cenobi palermitani
non solo dotarono le monache di un corredo del tutto identico a
quello delle religiose di Adrano, ma stabilirono altresì che, alla pari
del cenobio etneo, i loro monasteri fossero serviti da due cappellani
e un ostiario, scelti dalla badessa in ragione della loro età avanzata
e della loro comprovata onestà .
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Alle madri superiore non spettava, però, solo la scelta dei sacerdoti
e del custode: a esse era demandata, infatti, più in generale la respon-
sabilità dell’intera comunità monastica. Ad Adrano, le moniales ri-
spondevano, così, solo alla loro badessa Ula, designata da Adelicia
sulla base dei diritti che la fondatrice si era riservata, quale la domi-
natio e la potestas gubernandi sul cenobio. In virtù di tali prerogative,
Adelicia possedeva la facoltà di intervenire sulle questioni interne al
monastero, compresa la scelta della badessa. Tali privilegi, tuttavia,
non venivano mantenuti dai suoi eredi: essi potevano agire soltanto
qualora non fossero state rispettate le disposizioni sancite dalla fon-
datrice, tra le quali spiccava l’inalienabilità dei beni donati al mona-
stero . A questo proposito, tre giorni dopo la stesura della prima per-
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gamena, la domina rilasciò un ulteriore documento con il quale chiarì
meglio l’entità dei beni fondiari donati a santa Lucia. Il 15 maggio 1158
Adelicia confermò, infatti, al monastero non solo la donazione della
52 Ibidem. Le chartae del monastero di santa Lucia, come la maggior parte dei docu-
menti delle comunità monastiche femminili d’Italia, se da un lato restituiscono preziose
informazioni sui processi sottesi all’istituzione del cenobio, dall’altro lasciano affiorare
ben poco degli aspetti della vita quotidiana condotta dalle moniales all’interno del chio-
stro (per questo cfr. M. Venticelli, Il monachesimo femminile. Origini e sviluppo cit., pp.
78-79).
53 L.T. White, Il monachesimo latino cit., p. 241.
54 Per quanto concerne la fondazione dei monasteri benedettini femminili di Palermo,
cfr. C.A. Garufi, I documenti inediti cit., pp. 129-145 e pp. 155-161 (santa Maria de
latinis); pp. 255-264 (santa Maria Nuova); su questi ancora cfr. Id., Le benedettine in
Sicilia da San Gregorio al tempo Svevo cit., pp. 255-277. Inoltre, su santa Maria de latinis
cfr. pure P. Collura, Un privilegio di Guglielmo II per il monastero di S. Maria “de Latinis”
di Palermo, «Byzantino-sicula», II (1974), pp. 3-7.
55 C.A. Garufi, I conti di Montescaglioso cit., p. 353.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)