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Un nobile di frontiera da Malaga al Lario                        343


                       La  corrispondenza  dell’Arce  conservata  nel  fondo  Carteggio  delle
                    Cancellerie dello Stato dell’Archivio di Stato di Milano ci consente tut-
                    tavia di interpretare i conflitti con le autorità locali da una prospettiva
                    più ampia.
                       Innanzi tutto tale documentazione attesta il talento relazionale di
                    un nobile capace di instaurare solidi legami con una clientela di fe-
                    deli estremamente diversificata per provenienza geografica. Legami
                    che  costituivano  una  premessa  irrinunciabile  per  la  sicurezza  in
                    tempo di guerra di una piazza di confine come Como, dove un folto
                    partito guelfo agiva di concerto con gli agenti francesi operanti nella
                    vicina Confederazione elvetica e presso le Tre Leghe. Visto al micro-
                    scopio delle fonti, il presidio del castello di Como appare una vera e
                    propria carta geografica dell’impero degli Austrias: vi ritroviamo di-
                    versi napoletani – come era naturale, essendo collocate nel Regno la
                    base territoriale del potere personale del governatore e le sue princi-
                    pali risorse economiche in Italia –, ma anche portoghesi (tra questi il
                    vice-castellano),  castigliani,  maiorchini,  francesi,  milanesi,  almeno
                    un suddito della Terraferma veneta e infine diversi comaschi. Evi-
                    dentemente la composizione di questo circuito clientelare di fedelis-
                    simi riproduce la complessità degli interessi di un nobile impegnato
                    a progredire all’interno di un aggregato politico multiculturale, all’in-
                    terno di un sistema imperiale .
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                       Il rapporto personale di natura clientelare tra l’Arce e i suoi uomini
                    si manifestò proprio durante la sua temporanea rimozione dall’inca-
                    rico: per parte loro i militari rimasti a Como negarono a lungo la pro-
                    pria obbedienza al governatore provvisorio – uno spagnolo, Hernando
                    Diez de Ledesina – e soprattutto rifiutarono di consegnargli il castello.
                    Il loro comandante e patrono, a sua volta, non abbandonò il proprio
                    posto  prima  di  avere  ottenuto  dall’allora  governatore  generale  dello
                    Stato Ferrante Gonzaga, e dallo stesso Ledesina, garanzie formali che
                    tutti i suoi uomini sarebbero stati mantenuti in servizio. Inoltre nel
                    febbraio 1553 interveniva da Milano – dove si trovava per rispondere
                    alle accuse mossegli dagli amministrati – in favore di sei di questi sol-
                    dati (tre italiani, due francesi e uno portoghese), che il suo sostituto
                    avrebbe voluto licenziare. Arce li definiva invece «uomini dabbene e
                    ottimi soldati, che da molto tempo servono Sua Maestà», e garantì per


                    1542; cart. 41, il governatore di Como a Francesco Taverna, 17 novembre 1542; cart.
                    168, Memoriale a sua eccellenza per il signor Governatore di Como, settembre 1553.
                       26  Ivi, cart. 139, Pietro Francesco Calca a Ferrante Gonzaga, 17 dicembre 1551; cart.
                    174, Relazione del Governatore di Como, s.d. [1553]; cart. 193, il governatore di Como
                    ai governatori provvisori dello Stato di Milano Francesco Taverna e Pietro Paolo Arrigoni,
                    14 febbraio 1555.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Agosto 2022
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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