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                   Benché  i  contributi  qui  raccolti  aggrediscano  l’oggetto  di  studio
                adottando prospettive diverse e seguendo la sensibilità e il punto di
                vista dei propri autori, tutti tendono a sottolineare la vitalità econo-
                mica di Venezia – o, quantomeno, la sua capacità di risposta – tra la
                seconda metà del Seicento e la fine del Settecento.
                   Nel saggio di apertura, David Laven offre una lettura rinnovata della
                storiografia che si è interessata al declino e alla caduta di Venezia tra
                il 1797 e il 1820. Attraverso uno studio puntuale della produzione sto-
                riografica di questo periodo – e facendo anche auto-critica –, Laven
                sottolinea come tra gli storici veneziani e francesi vi fosse un certo
                consenso nel riconoscere il dinamismo economico e amministrativo di
                Venezia, anche in prospettiva mediterranea. Un altro concetto chiave
                su cui insiste Laven è che il cosiddetto ‘declinismo’ non deve essere
                considerato  un  portato  della  storiografia  francofona  al  servizio
                dell’opera e della propaganda napoleonica, ma un puro prodotto degli
                storici veneziani, una sorta di prisma interpretativo che permette loro
                di  far  fronte  allo  shock  intellettuale  della  perdita  dell’indipendenza.
                Infine, Laven si sofferma sulla questione della debolezza militare vene-
                ziana,  che  molti  storici  sette-ottocenteschi  individuano  come  causa
                principale del declino e della caduta di Venezia. Se la storiografia del
                tempo (e non solo) ha interpretato tale debolezza come il risultato della
                ‘costituzione’ dello Stato veneto o del declino morale dei veneziani, La-
                ven attira l’attenzione sull’eccezionalità del fenomeno bonapartesco e
                della distruzione della Repubblica di Venezia.
                   Nel secondo contributo di questo dossier, Isabella Cecchini si foca-
                lizza sul funzionamento e sul ruolo della piazza di Rialto alla fine della
                guerra di Candia. Attraverso l’analisi delle caratteristiche della piazza
                – allo stesso tempo centro finanziario e commerciale – Cecchini sotto-
                linea come Rialto creasse una «architettura fiduciaria» capace di ren-
                dere più fluide le contrattazioni e di ridurre il divario informativo tra
                gli attori protagonisti degli scambi, fossero commerciali o finanziari.
                Prendendo poi in considerazione il caso dei mercanti stranieri a Vene-
                zia, Cecchini mostra come il loro contributo fosse essenziale per man-
                tenere attiva la piazza veneziana, specie in tempo di guerra, quando il
                governo veneziano era costretto ad aprire un settore altrimenti alta-
                mente regolato secondo logiche corporative. In questo senso, nel corso
                del tempo lo spazio d’azione dei mercanti stranieri può essere consi-
                derato  a  ‘geometria  variabile’.  Infine,  Cecchini  esamina  il  ruolo  dei
                mercanti ‘Capi di Piazza’ come intermediari tra gli uomini di negozio e
                il governo veneziano, che agivano al contempo da selezionatori e con-
                trollori delle informazioni circolanti a Rialto, probabilmente rendendo
                l’attività della piazza più efficiente.






                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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