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794 Francesca Canale Cama
stante» , sia considerando il protagonismo fascista nel «Mare di
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mezzo» come una pagina nera della storia nazionale, esplicitamente
contrapposta al processo di costruzione di una Europa unita voluto
fortemente dalle classi dirigenti e dall’opinione pubblica delle nuova
Italia democratica e repubblicana. Era, così, inevitabile che il Medi-
terraneo, relegato a spazio neutro o proiettivo, finisse col non riscuo-
tere grande interesse nella storiografia italiana, se non come aspetto
caratterizzante e complementare del processo storico di formazione e
identità europea .
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A questo si deve aggiungere anche un’altra ragione, se vogliamo
più incisiva in termini di discorso storiografico, ossia quella propen-
sione della storiografia italiana a riconsiderare l’esperienza culturale
di gran parte della prima metà del XX secolo attraverso la chiave di
lettura esclusiva della fascistizzazione degli studi e degli studiosi, che
fatalmente si traduceva in uno svilimento di quelle elaborazioni e
produzioni culturali, come, appunto, lo studio dello spazio mediter-
raneo, ritenute figlie dirette delle politiche di regime. Nell’ambito che
qui ci interessa vale, invece, la pena notare che i decenni tra le due
guerre mondiali, furono particolarmente prolifici di studi intorno al
Mediterraneo. Assunti nel loro complesso essi denunciano un arco
cronologico ampio e una varietà di interessi di ricerca che sarebbe
semplificatorio ridurre oggi al puro riflesso della centralità che il Me-
diterraneo assunse nella politica e nella cultura del regime fascista.
Già alla metà degli anni Venti apparvero, infatti, con titoli come
Italia e Mediterraneo o L’Italia nel Mediterraneo, decine di scritti di
diverso spessore scientifico che, se sul piano della pubblicistica po-
tevano essere considerati frutto di un immaginario mediterraneo fa-
scista che cominciava allora a diffondersi , non escludevano l’am-
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6 E. Ivetic, Il Mediterraneo e l’Italia cit., p. 13.
7 Il legame è esplicitamente richiamato nell’opera diretta da Alessandro Barbero il
quale scrive, infatti, nelle pagine di presentazione introduttiva all’intero progetto: «La
spinta propulsiva dell’Europa si è basata soprattutto nel Nord-Ovest del continente, e
l’Atlantico vi ha svolto un ruolo preponderante […]; ma quando si cerca di valutare l’in-
tero corso della nostra storia, dalla comparsa dei primi uomini fino alla globalizzazione,
appare evidente che non si può comprendere l’Europa senza il Mediterraneo», Storia
d’Europa e del Mediterraneo cit., vol.I, Dalla preistoria alla storia, p. X.
8 Si pensi, a puro titolo esemplificativo, ai lavori di O. Pedrazzi, Il Levante Mediterra-
neo e l’Italia, Milano, Alpes,1925; G. De Luigi, Il Mediterraneo nella politica europea,
Jovene, Napoli, 1927; U. Morichini, La civiltà mediterranea, Mondadori, Milano, 1928;
V. Valacca, L’impero mediterraneo Canella, Roma, 1928; nonché al breve, ma assai rile-
vante, studio di C. Curcio, La coscienza mediterranea dell’Italia negli scrittori del Risor-
gimento, Edizioni di sud, Roma, 1927. All’estero compaiono a firma di E. W. Neumann,
The Mediterranean and its problems, London, Philpot 1927, e di C. Benoist, La question
méditerranéenne, Éditions Victor Attinger, Paris, 1928, che comunque non sfuggono a
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIX - Dicembre 2022
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)