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Il sud Italia nello sguardo di due viaggiatrici settecentesche. Un approccio storico   359


                    la trama sociale con la quale si confronta. Credendo fermamente che
                    un’evoluzione della società meridionale sia legata anche a un diverso
                    ruolo delle donne, le include nelle sue considerazioni, ampliando così
                    il discorso genovesiano. Da questo incontro-confronto, a differenza di
                    quanto accade in buona parte della produzione odeporica settecente-
                    sca, specie se di matrice straniera (fortemente connotata, come ab-
                    biamo  visto,  da  una  disposizione  negativa  nei  confronti  dell’autoc-
                    tono), Matilde rimane piacevolmente sorpresa, al punto che afferma:

                       mi accorsi, che per istrada [a Bari] le donne, e civili, e plebee si diportavano
                    con decenza, e siccome mi venne fatto con alcune trattare, mi avvidi tosto del
                    piacevole lor costume. Il lor parlare è ridente, ed ameno. Sono esse assai di
                    buon cuore, schiette nel vestire, nel tratto sincere, affettuose nel parlare, e
                    spontanee negli andamenti; ma insiememente sono esse caute, e guardinghe,
                    gelosissime dell’onore, e nelle Chiese sono esemplari, e devote. […]. E sin le
                    prime Signore sono tutto il giorno occupate al lavoro; Hanno bensì le ore de-
                    stinate  per  le  uscite,  per  le  decenti  ricreazioni,  ma  la  fatica  è  loro  molto  a
                    cuore 60 .

                       Le donne incontrate a Bari diventano così esempio e termine di pa-
                    ragone  in  un  discorso  più  ampio  che  riconsidera  il  costume  delle
                    donne «di alcune Città capitali d’Italia» (compresa forse la sua Napoli)
                    e diviene occasione per una breve digressione sui danni dell’ozio fem-
                    minile (riprendendo, anche qui, Genovesi) e per commiserare coloro
                    che sprecano il proprio tempo indulgendo unicamente nella cura della
                    persona e nell’esaltazione del proprio potere seduttivo.

                       È un pregiudizio ridicolo quello delle dame di alcune Città capitali d’Italia,
                    lo star tutto giorno con un ventaglio alla mano a frescheggiare. L’ozio fu sem-
                    pre  perniciosissimo,  giacchè  illanguidisce  la  machina,  ingrossa  gli  umori,
                    rende ottusa la mente. Sarebbero lodevoli le donne, che non potendo attendere
                    a’ domestici lavori fossero allo studio delle lettere dedicate; ma il non far niente
                    non è certamente un preggio. […]. Il niente fare, per quanto lungo sia il giorno,
                    il non pensare, che a mode, il non sapere di se, che farsi, par che sia limitare
                    anche troppo la perfettibilità di una donna. Potrà mai esser degna di lode colei,
                    la quale creda ben speso il suo tempo nel consigliarsi più ore col suo fido
                    cristallo? […]. Ah no certamente. Il pensar così sarebbe riponere la propria
                    felicità nell’ombre, ed umiliare di molto il proprio sesso. […]. [La vanità] per
                    altro è naturale alle donne, ma per una donna culta stimar si dee debolezza,
                    oltre di che la natura appunto è bella, perchè è semplice, e per poco adulterata,
                    perde tutt’i suoi pregi. Infelice vanto è quello d’un industriosa apparenza, se
                    mal corrisponde a più stabili, e più plausibili preggi dello spirito 61 .




                       60  Ivi, pp. 24-26.
                       61  Ivi, pp. 26, 30-32.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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