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                vedove. Per il cardinale Enrico da Susa, se le vedove non riuscivano
                ad avere giustizia nei tribunali civili si potevano appellare a quelli ec-
                clesiastici. Innocenzo IV chiarì che potevano ricorrere ai tribunali ec-
                clesiastici non solo le vedove povere, ma anche quelle vittime di ingiu-
                stizie o private delle proprietà con la violenza, a prescindere dalla con-
                dizione sociale. Rimaneva il problema delle spese giudiziarie. Le vedove
                agiate potevano pagare un avvocato, quelle povere ricorrevano ai chie-
                rici poiché era consentito dal diritto canonico, o al patrocinio gratuito
                dei laici, incoraggiato come forma di beneficenza. Peraltro, i difensori
                non mettevano meno impegno nelle cause gratuite delle vedove, che
                per i giovani procuratori erano un’utile pratica legale. Tuttavia, per
                Tommaso d’Aquino, un avvocato non poteva essere obbligato ad assi-
                stere gratuitamente tutti gli indigenti .
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                   Nei secoli XIV e XV le donne inglesi prendevano marito molto gio-
                vani, come attestano i testamenti e le suppliche della Husting Court di
                Londra, pertanto, molte rimanevano vedove e si risposavano . Tale
                                                                             16
                realtà  si  rifletteva  nella  finzione  letteraria.  Nei  Canterbury  Tales  di
                Chaucer, la donna di Bath affermò che era convolata a nozze per la
                prima volta a 12 anni e aveva avuto cinque mariti . Nella Londra del
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                Trecento, le mogli dei mercanti e degli artigiani erano lontane dallo
                stereotipo della vedova povera o sfavorita dai tribunali e si potevano
                assicurare  una  porzione  dell’eredità,  per  il  mantenimento  e  come
                chiave per un futuro matrimonio Alcune dovevano affrontare cause
                contro gli eredi del marito per assicurarsi i mezzi di sussistenza, se si
                risposavano erano aiutate dal nuovo coniuge . Per le mogli degli arti-
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                giani proseguire il lavoro del marito non era facile. Nel 1403 un con-
                ciatore di Londra lasciò alla moglie la sua attività, gli apprendisti e la
                dote con la clausola che non chiudesse la bottega, o sposasse entro
                tre anni qualcuno del mestiere .
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                   A prescindere dai vantaggi economici, un nuovo matrimonio era au-
                spicabile, perché poteva riportare le vedove sotto il controllo maschile e
                incanalare la loro sessualità verso unioni legittime. Intrappolate in una
                condizione ambigua, le vedove erano dipinte «as weeping uncontrollably
                upon their husband’s death, then immediately, or almost immediately,
                satisfying their enormous sexual appetites with new men» .
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                   15   J.A.  Brundage,  Widows as Disvantaged Persons in Medieval Canon Law,  in  L.
                Mirrer (a cura di), Upon my Husband’s Death cit., pp. 193-206.
                   16  B. Hanawalt, The Widow’s Mite cit., pp. 22-23.
                   17  G. Chaucer, The Canterbury Tales, a cura di D. Wright, Oxford University Press,
                Oxford, 1985, p. 219.
                   18  B. Hanawalt, The Widow’s Mite cit., pp. 22-23.
                   19  Ivi, p. 26.
                   20  L. Mirrer, Introduction, in Ead. (a cura di), Upon my Husband’s Death cit., pp. 9-10.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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