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Tra cielo e terra: la condizione vedovile a Palermo nel tardo medioevo 243
denaro della calce che aveva comprato «pro fabrica domus sue», poiché
le era stata sottratta violenter per riparare le mura di Randazzo .
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Le consuetudini di Palermo includevano le vedove tra le persone
miserabili che avevano diritto a un avvocato d’ufficio, come attrici o
accusate . Alcuni processi nascevano dal mancato pagamento dei
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censi. Nel 1360 Allegranza, vedova del chirurgo Amato de Amato, con
il consenso della figlia Giacoma, vedova di Tancredi de Contulino, e
del figlio Coluccio, dovette cedere al notaio Paolo Pullastra le sue vigne
di Ciaculli poiché non poteva né coltivarle né versare il canone enfi-
teutico, «propter eius inopiam vix haberet unde posset vitam suam
substentare et ob hoc sit inter eos exinde lix et discordia» .
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Per risparmiare ed evitare le incognite dei processi si potevano ri-
solvere le cause in via stragiudiziale, ricorrendo ad arbitri scelti di co-
mune accordo. Nel 1333 Ventura de Notario Dyonisio, procuratrice
della figlia Angela, vedova di Bartuchio de Ansaldo, morto intestato a
meno di un anno dalle nozze, e Giovanna, vedova del magister Gio-
vanni de Patti, erede di Bartuchio, affidarono a Vincenzo de Cephaludo
e Bartolomeo de Citella la risoluzione della lite per la dote e il dotario
di Angela . L’arbitrato era fondamentale nelle dispute ereditarie delle
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vedove con figli e figliastri. Nel 1342 fu risolta da amici comuni la di-
scordia et contencio tra Margherita, vedova di Orlando de Monaco, che
voleva risarcite le spese del funerale e i debiti del defunto, e il figlio
Nicolò che rivendicava la metà indivisa di una vigna e delle suppellettili
della casa . Grazie ai mediatori, nel 1383 Perna, seconda moglie ed
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erede universale di Nicolò de Patti, diede 3 onze ai figliastri Pino e An-
drea che la liberarono da ogni obbligo legato alla legittima .
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Nell’isola le relazioni agnatizie patrilineari e quelle cognatizie nate
per via femminile convivevano, inoltre, si poteva passare dal mos lati-
norum al mos grecorum e viceversa . Il primo era un modello bilaterale
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che prevedeva la comunione dei beni. I coniugi contribuivano al patri-
monio in pari modo, le donne non erano escluse dall’eredità, figli e
figlie sposati partecipavano alla divisione ereditaria . Il secondo era
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un regime separato di gestione del patrimonio, volto a fermare la fram-
mentazione escludendo le donne. I beni dotali della moglie non si
31 G. Cosentino (a cura di), Codice diplomatico di Federico III di Aragona re di Sicilia
(1355-1377), Società siciliana per la storia patria, Palermo, 1885, vol. I, doc. CIV.
32 V. La Mantia, Antiche consuetudini delle città di Sicilia, r.a. Intilla, Messina, 1993,
p. 175.
33 Asp, N, reg. 122, Bartolomeo de Bononia, cc. 158r-159v e 162v.
34 M.S. Guccione (a cura di), Le imbreviature del notaio Bartolomeo de Alamanna a
Palermo (1332-1333), Il Centro di Ricerca, Roma 1982, doc. 197.
35 Asp, N, reg. 133, Filippo de Carastono, cc. 11v-12r.
36 Asp, N, reg. 116, Filippo de Biffardo, cc. 18v-19r.
37 E.I. Mineo, Nobiltà di Stato, Donzelli, Roma, 2001, pp. XV-XVI e 221-225.
38 Ivi, p. 81.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)