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Tra cielo e terra: la condizione vedovile a Palermo nel tardo medioevo 245
stipulato a Napoli, in cui l’aguglarius (fabbricante di aghi) Gaddo de
Theo aveva nominato procuratrice la moglie Benvenuta de Roberto,
per vendere una barca . Nel 1400 il pretore e i giudici di Palermo ri-
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badirono che Isabella poteva essere procuratrice del marito Simone de
Columba, «quia est de consuetis personis que admictuntur a iure»,
nonostante il parere contrario del capitano di Corleone .
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Secondo le consuetudini di Palermo, la vedova ereditava un terzo
dei beni del marito che manteneva anche quando si risposava. Dopo
un anno di matrimonio, tali beni entravano a far parte del patrimonio
comune della nuova coppia . I vantaggi di un secondo matrimonio
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apparvero chiari ad Allegranza, vedova del giardiniere Pietro, che si
risposò con Giovanni Nasello e nel 1333 gli consegnò in deposito 3
onze del figlio minore Antonello, per investirle nell’acquisto di animali,
o nel commercio e restituirgli il capitale e il guadagno quando fosse
diventato maggiorenne . Il magister Matteo de Notario Nicolao aveva
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lasciato alla moglie Perna e al figlio minore Giovannuccio un discreto
capitale. La vedova prestò 29 onze a diverse persone, non ancora re-
stituite a quattro anni dalla morte del marito. Si risposò con Berardo
Arrasunato che fu designato tutore di Giovannuccio dalla Corte Preto-
riana. Nel 1333 Perna nominò Berardo procuratore per recuperare i
crediti . Il notaio Nino Pagliarisio, secondo marito di Altadonna, ve-
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dova del setaiolo Simone, nel 1362 prestò fideiussione per la consegna
della dote a Giovanni de Gambara, promesso sposo della figliastra
Adelicia .
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Accanto al quadro normativo, occorre valutare le indicazioni com-
portamentali prescritte nei capitoli di Federico III di Sicilia. Il De fune-
ria solemnitate contiene un’apparente contraddizione circa la condotta
raccomandata alle vedove. Da un lato, erano le uniche che potevano
vestirsi a lutto, insieme con i figli. Dall’altro, nessuna donna, quindi
neanche la vedova, poteva seguire il feretro portato in chiesa o alla
sepoltura, pena una multa di 4 onze. Inoltre, come tutte le affini e
consanguinee, la vedova non poteva andare in chiesa o al cimitero per
piangere il marito, pena la stessa ammenda . Quindi, era lecito ester-
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nare la condizione vedovile indossando abiti adeguati, ma occorreva
48 Asp, N, reg. 120, Bartolomeo de Bononia, cc. 155v-156v.
49 P. Sardina (a cura di), Registri di lettere, atti, bandi e ingiunzioni (1400-1401 e
1406-1408), Municipio di Palermo, Palermo, 1996, (Acta Curie Felicis Urbis Panormi,
12), doc. 38.
50 V. La Mantia, Antiche consuetudini cit., p. 191.
51 M.S. Guccione, Le imbreviature del notaio Bartolomeo cit., doc. 339.
52 Ivi, doc. 374.
53 Asp, N, reg. 123, Bartolomeo de Bononia, cc. 122r-123r. La dote comprendeva 6
onze in denaro, 20 in corredo e una vigna.
54 F. Testa, Capitula Regni Siciliae, Panormi, 1741, vol. I, pp. 93-95.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)