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                generazione all’altra per linea maschile, escludendo le donne. Con il
                matrimonio, le donne contribuivano a creare solide alleanze, ma dive-
                nute vedove dovevano tornare nella famiglia di origine. Se non vive-
                vano  né  col  padre  né  col  marito,  garanti  della  condotta  morale  e
                dell’identità sociale, minacciavano l’onore di due famiglie. La condi-
                zione normale era quella di mogli, senza la protezione maschile, ri-
                schiavano di cadere nel peccato e l’unica alternativa era il monastero.
                La Chiesa consigliava alle vedove di rimanere caste, ma i laici dubita-
                vano  che  ne  fossero  capaci .  Nel  Quattrocento  le  vedove  fiorentine
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                erano  numerose  e  non  molto  agiate,  perché  la  legislazione  contem-
                plava un sistema unilaterale patrilineare. La vedova riceveva indietro
                solo la dote e non poteva avere le proprietà acquisite durante il matri-
                monio, se si risposava senza una buona dote la sua condizione econo-
                mica peggiorava, se non lo faceva la possibilità di scendere nella scala
                sociale aumentava . La madre crudele era la vedova che si riprendeva
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                la dote e abbandonava i figli piccoli per risposarsi . Tuttavia, nel Pa-
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                radiso degli Alberti di Giovanni Gherardi, Cosa afferma che le donne
                erano costrette a risposarsi perché avevano bisogno della protezione
                maschile e abbandonavano i figli con sofferenza .
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                2. Tutele e diritti in Sicilia

                   Nella Sicilia del Trecento i sovrani difendevano le vedove dalla po-
                vertà e dai soprusi. La regina Elisabetta, moglie di Pietro II, aiutò la
                palermitana Rosa, nutrice della figlia Eufemia, poiché il marito Per-
                rono  de  Alcamo,  serviens  degli  acatapani  (addetti  al  controllo  delle
                merci), era stato catturato nella battaglia di Lipari e messo in carcere
                a Napoli, dove morì. Rimasta vedova, Rosa «paupertate atque filiis af-
                flicta non habet unde vivat». Nel 1340 la regina ordinò agli acatapani
                di  consentirle  di  esercitare  l’ufficio  a  vita,  ma  Rosa  «propter  sexum
                muliebrem non valet prefatum officium personaliter exercere» e ven-
                dette per due anni la metà dei proventi a Manfredi de Schillacio . Nel
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                1356 Federico IV ordinò al capitano, ai giurati e al tesoriere di Ran-
                dazzo  di  rimborsare  a  Francesca,  vedova  di  Giacomo  de  Finara,  il





                   26  C. Klapisch-Zuber, La mère cruelle. Maternité, veuvage et dot dans Florence des
                XIV e -XV e  siècles, «Annales E.S.C.», 5 (1983), pp. 1097-1098.
                   27  D. Herlihy, La famiglia nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari, 1994, pp. 197-198.
                   28  C. Klapisch-Zuber, La mère cruelle cit., p. 1103.
                   29  Ead., Matrimoni rinascimentali, Viella, Roma, 2022, p. 159.
                   30  Asp, N, reg. 5, Salerno de Peregrino, cc. 158r-159r. Avrebbe ricavato ogni anno 2
                onze e 7 tarì e mezzo.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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