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                 si sostanziavano ora di nuovi elementi, mentre il libertinismo trovava
                 nuovo vigore. Il dissenso diveniva sempre meno istituzionalizzato, e
                 dunque anche lontano dalle ortodossie riformate.
                    La pubblicistica protestante andava dunque a innervare una cre-
                 scente “miscredenza”, che proprio alla metà del secolo sarebbe dive-
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                 nuta numericamente più significativa . Dopo decenni di conflitto
                 confessionale e repressione inquisitoriale, dogmi e articoli protestanti
                 perdevano progressivamente d’interesse, e semmai potevano essere
                 utili a costruirsi una religione individuale. Protestanti avrebbero con-
                 tinuato a essere alcuni, certo, ma sempre in minor numero. Non
                 sarebbero mai mancate, nell’Italia moderna, le presenze di gruppi pro-
                 testanti stranieri, ma questi – distanti dalla vita degli italiani – avreb-
                 bero stentato a rappresentare ancora, come in passato, la fucina del
                 nuovo dissenso, a essere una forza attraente, capace di creare uno
                 spazi di libertà. La fine della grande guerra confessionale europea san-
                 civa in qualche modo quella dell’iniziativa proselitistica. E proprio la
                 perdita della spinta propulsiva della propaganda religiosa, con la crea-
                 zione di minoranze dai confini d’appartenenza ben definiti (a fronte
                 della fluidità del dissenso libertino), avrebbe ulteriormente legittimato
                 i momenti di coesistenza confessionale. Solo pochi tra mercanti, viag-
                 giatori e stranieri residenti vedevano l’Italia come campo di missione:
                 al contrario, sarebbe cresciuto l’interesse per l’Italia, tra la sua eredità
                 classica e i suoi mille problemi contemporanei, un “altrove” rispetto
                 al nord Europa e allo stesso tempo origine della civiltà continentale.
                 Diminuiva altresì la percezione del protestantesimo come rischio
                 imminente e reale per gli italiani da parte del Sant’Ufficio. Cambiava
                 in fondo l’approccio del protestantesimo internazionale: da una ini-
                 ziativa ampia di propaganda, all’aiuto di specifiche minoranze, come
                 per esempio i valdesi, all’interno di enclaves territoriali definite.
                    Il tempo della propaganda protestante in Italia si stava dunque
                 concludendo, almeno fino alle nuove esperienze tra diciottesimo e
                 diciannovesimo secolo, quando l’Italia sarebbe divenuta di nuovo
                 terra di missione. A quel modello di conflitto confessionale rimaneva
                 tuttavia fedele il vecchio Giovanni Diodati, che sul finire degli anni
                 trenta aveva rivisto la sua traduzione della Bibbia, preparando una
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                 nuova edizione della sua versione del 1607 . Una pubblicazione utile


                    48  Id., Politici e ateisti. Percorsi della miscredenza a Venezia fra Sei e Settecento, Uni-
                 copli, Milano, 2006.
                    49  E. de Budé, Vie de Jean Diodati, théologien génevois, 1576-1649, Bridel, Losanna,
                 1869; ed. italiana: Vita di Giovanni Diodati, teologo ginevrino – tradotta liberamente su
                 quella del Sig.Eugenio de Budé – con aggiunte e note biografiche a cura di T. Chiesi, Clau-
                 diana, Firenze, 1870; E. Fiume, Giovanni Diodati. Un italiano nella Ginevra della Riforma:
                 traduttore della Bibbia e teologo europeo, Società Biblica Britannica e Forestiera, Roma,


                                                                                n. 47
                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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