Page 228 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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                 modo più articolato il rapporto con la storiografia europea che lo porta
                 a definire quella di Amari «grande storia, affine per concetti e linguag-
                 gio a quelli correnti nella maggior storiografia europea, da Renan a
                 Fustel: il Medioevo arabo di Amari, come il Medioevo fiorentino di Vil-
                                                                      35
                 lari, sono una lettura europea della storia nazionale» . A partire da
                 Amari il discorso si amplia dalla Sicilia al Mezzogiorno continentale
                 attraverso de Blasiis e qui il discorso, dopo aver ancora una volta
                 preso come punto di partenza le ‘acquisizioni’ di Croce («Persistevano
                 … nel patriota napoletano e italiano De Blasiis alcuni concetti della
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                 storiografia del Risorgimento» ), sollecita l’intervento nel seminario
                 di un altro studioso, Fulvio Tessitore (la sua citazione occupa le
                 pagine 160-162), il quale consente di spostare l’accento su una storia
                 che individua anche ‘fisicamente’ il centro di gravitazione dell’unifi-
                 cazione (Roma), riconducendo nel processo unitario la ricostruzione
                 storiografica ‘regionale’: «De Blasiis cercava il principio unificatore
                 che consentisse di parlare di una storia non più recitata soltanto sul
                 suolo italiano ma effettivamente italiana per i suoi artefici e i suoi
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                 effetti» .
                    Dall’articolazione ‘regione/nazione’ è agevole passare al punto 4 e
                 al punto 5 dei tratti da noi individuati come caratterizzanti il saggio di
                 Croce e quello di Giarrizzo. In effetti l’ultimo è fondamentale nell’ap-
                 proccio di Giarrizzo: una storia della storiografia che si fa storia poli-
                 tica. Il legame individuato da Croce tra la storiografia ottocentesca, il
                 Risorgimento e poi la costruzione dello stato unitario si precisa (e direi
                                                                      38
                 si affina) in una «geografia e geopolitica degli storici» : «l’esperienza
                 comune degli storici italiani, la ragione medesima del loro farsi storici
                 – conclude Giarrizzo – resta comunque, con la filosofia (e la religione),
                 la politica, e si tratta quasi sempre di politica di opposizione. Sicché
                 storici si diventa nel primo Ottocento quasi sempre fuor di patria, e in
                 contesti diversi da quelli di origine: se già Delfico si era fatto storico a
                 San Marino, e Vincenzo Cuoco a Milano, l’emiliano Nicomede Bianchi
                 lo diventerà a Torino, i napoletani Colletta e più tardi Villari a Firenze;
                 il toscano Micali, il siciliano Amari e Ferrari in Francia, Francesco De
                 Sanctis a Zurigo; e gli stessi Balbo e Troya dopo esili, viaggi e dram-
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                 matiche esperienze politiche» .


                    35  G. Giarrizzo, La storiografia della nuova Italia, cit., pp. 174-175.
                    36  Ivi, p. 160.
                    37  Ivi, p. 161.
                    38  Ivi, p. 65. È il titolo del paragrafo 3 del capitolo I.
                    39  Ivi, p. 80.


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                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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