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                intermediavano  le  relative  vendite  sui  mercati.  I  clienti,  comunque,
                erano fra i più vari: vi erano anche merciai della città o singoli indivi-
                dui, che probabilmente acquistavano per proprio uso. Gosetti e Giup-
                poni erano, inoltre, i principali fornitori dei telai. Per quanto riguarda
                la produzione di maglierie, invece, la situazione è più complessa, data
                la reticenza delle fonti contabili, che non identificano sempre acqui-
                renti e intermediari. Non dobbiamo dimenticare, però, che gran parte
                dei membri del consiglio erano, per l’appunto, i principali mercanti-
                produttori di panni e maglierie della città: Mersi, Venturini, Zambelli,
                Verdabio, Braga, Manzoni, Ceffi e altri… sono famiglie largamente im-
                plicate nelle manifatture urbane e nella gestione dell’ente. È interes-
                sante notare come molti fossero immigrati in città solo di recente, la-
                sciando presupporre che l’impegno profuso nell’ente rappresentasse
                un primo momento in un lungo processo d’integrazione.
                   La scelta di affidarsi a mercanti-manifattori, comunque, era la più
                logica,  anche  in  un’ottica  di  gestione  delle  manifatture.  Un  esempio
                chiaro è fornito da una riunione del 29 luglio 1635 quando il priore
                relazionò sulla necessità di dare esito a 40 libbre di lino e il consiglio
                ordinò di «fare tante cordelle a mazzette che poi si procurerà farne es-
                sito». Membri del consiglio erano nientemeno che mercanti esperti del
                settore, fra cui Giovanni Giacomo Braga, Venturin Rizzi, Gabriele Car-
                boni, Giacomo Tirabosco, Francesco Merlo e Giuseppe Zanotto . L’isti-
                                                                            55
                tuto, e le manifatture ivi svolte, servirono non solo a produrre un utile
                e ad assistere i poveri. Erano uno strumento importante, in particolare
                per mercanti giunti di recente a Padova, per inserirsi nel tessuto urbano
                attraverso l’orfanotrofio. Logiche migratorie e di mobilità sociale si regi-
                stravano anche all’interno delle manifatture degli enti caritativi.
                   Un terzo elemento che emerge è il rapporto fra istituzioni caritative
                e corporazioni, nell’ambito dei processi di innovazione e trasferimento
                di  conoscenze.  La  storiografia  ha  solitamente  oscurato  il  ruolo  che
                questi  enti  ebbero  nell’introdurre  nuove  tecnologie  o  prodotti.  Mer-
                canti, orfanotrofio e corporazioni si manifestarono in genere aperti nei
                confronti dell’introduzione di innovazioni di prodotto. Proprio dopo la
                peste del 1630-31 si cercò di inserire una nuova produzione di recente
                successo  nel  panorama  europeo,  quella  dei  bottoni,  che  pur  non
                avendo grosso successo, non trovò opposizione . Eppure, molto più
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                ostile fu l’atteggiamento nel confronto dell’introduzione di innovazioni


                   55  ASP, Osmg, b. 135, c. 69r, 29 luglio 1635.
                   56   Su  questa  fiorente  manifattura:  B.  Bettoni,  Da  gioielli  ad  accessori  alla  moda:
                tradizione e innovazione nella manifattura del bottone in Italia dal tardo Medioevo a oggi,
                Marsilio, Venezia, 2013; Ead., Fashion, Tradition, and Innovation in Button Manufacturing
                in Early Modern Italy, «Technology and Culture», vol. 55, n. 3, 2014, pp. 675-710.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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