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«Ottimi cristiani, buoni cittadini, bravi operai». L’«Asilo degli orfanelli e artigianelli… 241
vivere in famiglia: anche se l’orario che i piccoli lavoratori dovevano
osservare era molto impegnativo .
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Gli alunni esterni arrivavano tutti i giorni all’istituto e vi restavano
fino alle 7 di sera; a mezzogiorno cessavano il lavoro e ricevevano gra-
tuitamente una sana e frugale refezione, per poi fare ricreazione dalla
1 alle 2 del pomeriggio. Successivamente affluivano alla scuola ele-
mentare per frequentare le lezioni, fino alle 6. A quest’ora recitato in
comune il Santo Rosario, alcuni cominciavano le lezioni facoltative e
gli altri tornavano alle loro famiglie. In pratica il programma di lavoro-
studio era articolato con un netto privilegio del lavoro.La mattina i fan-
ciulli lavoravano per 5 ore dopodiché avevano un tempo riservato per
la refezione e per le lezioni di lettere, di disegno e di ginnastica. Nel
pomeriggio dopo 3-4 ore di lezione i fanciulli potevano restare ancora
fino alle 7 di sera per le lezioni facoltative di musica, canto corale e di
declamazione.
Al di là delle attività di laboratorio l’opera educativa era interamente
affidata ai Padri Scolopi.
In pratica, secondo il nuovo ordinamento iniziato nel 1902, tutti i
ragazzi vivevano la loro giornata di lavoro e di studio all’interno della
cittadella di via de’ Serragli, tornando in famiglia solo alla sera, e nei
giorni festivi. Questo meccanismo aveva il merito di risolvere radical-
mente il problema dell’allontanamento dei fanciulli dal pericoloso am-
biente della strada e dalle cattive compagnie, ma aveva una rigidità
molto forte rispetto ai numeri dei ragazzi che si potevano accogliere.
Infatti un tale modello implicava che i ragazzi fossero tutti distribuiti
nelle officine e nei laboratori interni all’Istituto e questo portava a una
rapida saturazione della disponibilità di posti. Infatti le officine in-
terne, essendo effettivamente non dei laboratori didattici, ma veri opi-
fici che producevano per il mercato, non potevano assorbire un nu-
mero eccessivo di fanciulli apprendisti. Per contro l’esperimento degli
Artigianelli aveva avuto un successo e una eco molto favorevole, e le
richieste per farne parte erano cresciute molto rapidamente. Non era
possibile però accoglierle, dato che era assai difficile ampliare la citta-
della produttiva, situandosi l’istituto nel pieno centro storico della
città, dove non esistevano spazi ulteriori facilmente acquisibili.
Si aprì quindi una terza fase della vita dell’Istituto, con un cambia-
mento meno radicale del precedente, ma comunque rilevante. Si
adottò la soluzione di trasformare l’Istituto in «Esternato di arti e me-
stieri», per permettere «ad un numero considerevole di allievi di rice-
verne il beneficio» ; in questo modo, molti allievi venivano inviati a
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37 C. Parissi, Le mie memorie, cit., pp. 173- 174 [ed. 1922].
38 Ivi, p. 79 [ed. 1922].
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)