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Vincenzo Feo e il suo cotonificio                                337


                    in seguito, quando, a partire dagli anni Ottanta, si restringeva ulte-
                    riormente interessando soltanto le aree più propriamente vocate alla
                    produzione, cioè i territori di Terranova, Biancavilla, Noto, Pachino,
                    Sciacca, Mazara . Anche in questo caso, quindi, era ormai giocoforza,
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                    di fronte a una coltivazione pressoché abbandonata, importare quasi
                    tutto dall’estero, e precisamente da Stati Uniti, India, Egitto .
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                    2. Da garzone a piccolo imprenditore: i primi passi nella città natale

                       «Una volontà poderosa ed una fede incrollabile; una indomita ener-
                    gia ed una fibra d’acciaio, che mai le avversità han potuto piegare; una
                    vita intera consacrata al lavoro assiduo, faticoso d’ogni giorno, d’ogni
                    ora» . Questi, nelle parole di chi come Guglielmo Collotti ebbe modo
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                    di conoscerlo e frequentarlo, i tratti distintivi dell’uomo che da «sem-
                    plice garzone di tintore, senza beni di fortuna, senza maestri e senza
                    protettori, ha potuto far sorgere un opificio, ch’è unico in Sicilia» .
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                       Nato a Palermo nel 1844 , appena undicenne, e da poco orfano di
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                    madre, si impiegò come garzone tintore in una piccola bottega arti-
                    giana della città . Lavoro che cinque anni dopo sentì di dover lasciare
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                    per seguire Garibaldi, per poi riprenderlo una volta conclusasi l’im-
                    presa garibaldina. E però un’idea cominciò a farsi strada nella sua
                    mente: avere una propria tintoria, anche piccola. Allo scopo, e con una
                    costanza rara e ammirevole in un giovane della sua età, decise di met-
                    tere da parte venti centesimi al giorno dal già misero salario , anche
                                                                               23
                    se ciò lo obbligava a dover rinunciare spesso a un’alimentazione con-
                    sona all’età e al tipo di lavoro piuttosto pesante per volgersi, verosimil-





                       17  F. Borghi, L’industria del cotone all’Esposizione di Milano cit., p. 638; U. Tombesi,
                    L’industria cotoniera italiana cit., p. 30; Maic, Annali di Statistica. Statistica industriale,
                    fasc. LXIV, L’industria del cotone in Italia, Tipografia Nazionale Bertero e C., Roma, 1902,
                    p. 6; G. Barbera Cardillo, Economia e società in Sicilia cit., vol. II, pp. 83-85.
                       18  Maic, Annali di Statistica. Statistica industriale, fasc. LXIV, L’industria del cotone
                    in Italia cit., p. 8.
                       19  G. Collotti, I Cavalieri del Lavoro cit., p. 349.
                       20  Ivi, p. 351.
                       21  Tutti i dati biografici, salvo diversa indicazione, sono tratti dal citato G. Collotti, I
                    Cavalieri del Lavoro, pp. 347-386.
                       22  Proprio quell’anno (1855) nella città si contavano appena tre opifici e una stam-
                    peria di tessuti (F. Brancato, Storia della Sicilia post-unificazione, vol. I, La Sicilia nel
                    primo ventennio del Regno d’Italia, Zuffi, Bologna, 1956, p. 55 nota).
                       23  Dai dati dell’inchiesta industriale del 1855 emergeva che il salario medio di un
                    lavoratore adulto era di tarì 4 (= L. 1,68). Cfr. R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia cit., p.
                    228 e F. Brancato, Storia della Sicilia post-unificazione cit., vol. I, pp. 61-63.


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Agosto 2020
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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