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                a centro di sbocco della produzione agricola della provincia (agrumi,
                vini, liquirizia, frutta secca) e della raffinazione dello zolfo, stava inse-
                guendo anche un progetto industriale che dai settori tradizionali, or-
                ganizzati per lo più su base artigianale (lavorazione del legno, abbiglia-
                mento e pelletterie, prodotti alimentari) e in crescita e/o consolida-
                mento rispetto al recente passato , si allargava sempre più a quelli
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                moderni. Sorgevano, pertanto, numerosi stabilimenti (produzione zol-
                fifera, attività molitoria, meccanica) che andavano localizzandosi nelle
                adiacenze della stazione e del porto, lungo la nuova strada per Ognina
                (oggi via Messina). Una densa presenza che faceva dire a viaggiatori e
                acuti osservatori, come il console germanico a Messina, che «da per
                tutto [erano] i primordi d’uno sviluppo progressivo; laboratorii, magaz-
                zini, manifatture, fabbriche industriali; da per tutto i sicuri indizi d’un
                ardore fervido e giudizioso, che tende ad alti scopi ed ha fiducia che a
                questa città sia riserbato un grande avvenire» .
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                   Come si vede dalla tabella seguente, seppure la città desse a prima
                vista l’impressione di una moderna società industriale, il suo tessuto
                produttivo, tranne il caso della Manifattura Tabacchi , non conosceva
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                ancora l’organizzazione della grande fabbrica, né, tanto meno, la pre-
                senza di una massa proletaria. Quanto poi al settore tessile, della pre-
                stigiosa produzione di seta  sopravvivevano ormai appena tre “fabbri-
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                che” o, più propriamente, “botteghe” per la torcitura della seta che in
                tutto  contavano  quindici  addetti.  Né  migliore  era  la  situazione  del
                ramo cotoniero. Appena un trentennio prima, secondo il rapporto della
                locale  Camera  di  Commercio  (18  aprile  1861),  era  ancora  piuttosto
                sviluppato e di «massimo pregio», con una produzione concentrata in
                quattro fabbriche che occupavano un «numero significantissimo di in-
                dividui d’ogni età» , mentre in seguito, sulla base dei dati dell’inchie-
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                sta industriale del nuovo regno, consisteva in 27 “stabilimenti” di sola
                tessitura per un totale di 180 telai a mano e 309 addetti . Adesso esso
                                                                     38
                sopravviveva solo grazie a imprenditori svizzeri ed era ridotto ormai ad
                appena  un  opificio  per  la  sgranellatura  del  cotone  di  proprietà  di



                   33  R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia cit., p. 394.
                   34  A. Schneegans, La Sicilia nella natura, nella storia, nella vita, Barbera, Firenze,
                1890, p. 226. Vedi anche E. De Amicis, Ricordi d’un viaggio in Sicilia [1908], Alpe Sicula,
                Catania, 1968, p. 52.
                   35  Cfr. B. Gentile Cusa, Piano regolatore cit., pp. 157-158.
                   36  Cfr. V. Cordaro Clarenza, Osservazioni sopra la storia di Catania cit., tomo IV, pp.
                170-173; S. De Luca Carnazza, Sulle condizioni economiche cit., pp. 39-40; F. Rapisardi,
                Notizie statistiche cit., p. 40.
                   37  R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia cit., p. 394.
                   38  V. Ellena, Notizie sopra alcune industrie cit., p. 68; O. Cancila, Storia dell’industria
                cit., p. 137.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Agosto 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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