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566 Maurizio Vesco
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golare e veloce procedere dei lavori . Gli ambienti in questione, di cui
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il presidente del Regno in verità poco o nulla sapeva , sarebbero a mio
avviso da riconoscere proprio in quelli in cui si articolava il padiglione
loggiato di levante e che avrebbero ospitato l’appartamento vicereale.
Anche il Palazzo di Palermo, a quella data ancora sostanzialmente
nella sua originaria configurazione medievale [Fig. 8], vide egualmente
impegnato don García in importanti attività costruttive, seppur con
un certo ritardo rispetto alla fabbrica messinese. Si trattò forse di un
vero e proprio spostamento di interesse dalla città dello Stretto verso
la capitale da parte del viceré, «il quale disgustandosi con Messina
mutò la sua risedenza in Palermo», un disgusto, legato non soltanto ai
disordini antispagnoli dell’ottobre del 1565 da lui soffocati nel sangue,
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ma anche dal diniego ad accordargli «alcune cose da lui richieste» ,
pretese rimaste inascoltate nelle quali molti politici e intellettuali mes-
sinesi avrebbero più tardi riconosciuto la ragione della sua determina-
zione a portare avanti per spregio la strategia di rinnovamento della
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capitale Palermo .
Nel settembre del 1566, durante il suo breve soggiorno saccense,
don García sollecitò il secreto di Palermo perché si procedesse al più
presto a bandire l’appalto per la realizzazione di due nuove sale del
palazzo, secondo quanto aveva ordinato alla sua partenza dalla capi-
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tale , opere appaltate il mese successivo al capomastro Nicolò Fa-
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chenti . Solo a qualche giorno di distanza, sempre dalla città affacciata
sul Canale di Sicilia, con una nuova missiva egli incalzava l’alto fun-
59 «Ni pari che la fabrica fatta sia multa poco et ve incarricamo che vogliati farci atten-
dere con ogni exactissima diligencia chi si faccia quanto piò possibile et noi havisereti
giornalmente de quel che si farrà o serrà per farsi»; ivi, c. 121v.
60 Lo conferma la richiesta del Presidente di meglio chiarire dove esattamente rica-
desse l’appartamento: «quanto a quel quarto chi diciti che si è facto in la parte di Terra-
nova ni havisereti particolarmenti in che parti è il detto quarto, si è nel capo di la sala
che esci verso Terranova oy si è verso questa altra parte verso Santa Clara, perché non
tenemo memoria in che parte sia»; ibidem.
61 «Sdegnato co’ Messinesi per havergli dinegato alcune cose da lui richieste, si messe
con ogni suo studio a largare la via marmorea detta il Cassaro, con imporle il nome di
Strada di Toledo, et diede principio al Molo che si fabricò verso la Torre di Mondello con
felicità grande per li massi delle pietre ritrovati facili ad essere tagliati, et al buttarsi in
mare, perché si perfettionò con accrescimento grande della Città»; G. Buonfiglio
Costanzo, Prima Parte dell’Historia Siciliana cit., pp. 566-567.
62 «& accioche havessero maggior comodità i Viceré, e per ingrandire, e nobilitar
Palermo, per dispetto di Messina, [Toledo] fe fabricare, il Molo, e la strada del Cassaro,
e l’istesso continuarono alcuni de’ Viceré suoi successori»; P. Reina, Ragioni apologetiche
del Senato della nobil città di Messina contra il memoriale de’ deputati del Regno di Sicilia
e della città di Palermo..., per Giovan Francisco Bianco, Messina, 1632, p. 79.
63 Aspa, Tribunal del Real Patrimonio, Lettere viceregie, reg. 531, c. 58v.
64 A. Pettineo, Giorgio Di Fazio e i Gagini cit., p. 51.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)