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              La vendita di questo prodotto, assieme a quella del vino, coinvol-
           geva inoltre le cantine e le osterie, esercizi commerciali che ricopri-
           vano un ruolo importante nella sociabilità popolare di Antico Regime.
           Il loro controllo fu affidato, fin dal 1677, alla Balìa sopra le Cantine
           e i Fornai, istituita per vigilarne l’attività ed eventualmente sanzio-
           narne le trasgressioni in materia di «spiano del pane» e di vendita di
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           «cibi cotti» . Questo secondo incarico permette di comprendere quali
           prodotti, assieme al vino padronale e al pane statale, potevano essere
           offerti all’interno di tali esercizi; dietro la dettagliata regolamenta-
           zione di ciò che vi si poteva vendere e quindi mangiare, si nasconde-
           vano  infatti  delicate  implicazioni  di  natura  fiscale.  In  base  alla
           normativa prevista, nelle cantine della città e delle Sei Miglia era
           lecito consumare, oltre al «vino a minuto» e al «pane delle publiche
           canove», soltanto «formaggi, frutti et altre simili cose commestibili»,
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           ma non «cibi cotti in alcuna maniera» . Vi si potevano cioè mangiare
           solo vivande crude, accompagnate dal pane statale (quello appunto
           delle canove) e da qualche bicchiere di vino padronale, o comunque
           non forestiero. Erano invece proibiti i cibi cotti, cucinati, per i quali
           bisognava recarsi presso le osterie, dove era possibile consumare
           qualsiasi prodotto culinario.
              Tale differenza aveva conseguenze assai rilevanti sia per la gestione
           delle risorse locali, sia dal punto di vista delle finanze pubbliche. Infatti,
           dal momento che a Lucca le imposte pagate dagli osti erano più alte di
           quelle pagate dai cantinieri, se questi ultimi si fossero messi libera-
           mente a «fare osteria» ne sarebbero derivati – come si ammetteva all’in-
           terno  del  governo  –  un  «abbassamento  notabile  de’proventi»  e  una
           diminuzione significativa delle entrate statali, insieme alla chiusura di
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           «molte hosterie solite incantarsi» .
              Questa rigida distinzione aveva inoltre altre ragioni, ancora più raf-
           finate, legate alle politiche di controllo sociale. Si trattava in effetti
           anche di predeterminare e distinguere il tipo di clientela delle cantine
           e delle osterie in modo da localizzare più facilmente le relative attività,
           soprattutto alla luce delle preoccupazioni manifestate dal governo luc-
           chese riguardo ai «molti scioperati e malviventi» che frequentavano abi-




           delle comunità locali, che comunque lo regolavano anch’essi secondo un regime mono-
           polistico, oppure attraverso la vendita a un qualche privato dell’apposito provento. Tut-
           tavia,  nemmeno  i  loro  fornai  potevano  utilizzare  il  grano  coltivato  all’interno  della
           Repubblica, vincolati come erano all’obbligo di rifornirsi di quello forestiero acquistato
           dall’Abbondanza e conservato nella cittadella. Cfr. M. Giuli, Il governo di ogni giorno cit.,
           pp. 78-94.
              55  Asl, Consiglio Generale, n. 156, pp. 131-139.
              56  Asl, Pubblici banditori, n. 65 (bando del 9 luglio 1677).
              57  Asl, Consiglio Generale, n. 156, pp. 131-139.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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