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Ruolo e implicazioni della politica annonaria a Lucca in età moderna  615



             per deviare l’attenzione dal fatto che tali illeciti erano compiuti dai suoi
             stessi uomini o comunque dai loro dipendenti e servitori?
                Lo scontro sulla panificazione venale, come si vede, fu molto meno
             lineare di quanto potrebbe sembrare a prima vista. A complicarlo ulterior-
             mente intervenne pure un altro aspetto, che rischiò seriamente di creare
             una forte spaccatura all’interno del ceto aristocratico locale. Tra coloro che
             negli ultimi anni del Seicento difesero con maggior forza le ragioni del clero
             vi furono infatti, a partire dal vescovo Francesco Buonvisi, alcuni religiosi
             che appartenevano a importanti casati della nobiltà lucchese (Arnolfini,
             Sardi, Bernardini, Torre, Bottini e appunto Buonvisi). In questa situazione,
             sebbene i documenti di governo non lo facciano percepire in maniera espli-
             cita, vi era allora il pericolo, più o meno latente, che l’aristocrazia locale
             potesse finire per irrigidirsi in due schieramenti contrapposti, formati da
             coloro che avrebbero voluto intraprendere un’azione più rapida e decisa
             contro le pretese del clero, da una parte, e da coloro che, dall’altra, per
             ragioni di vicinanza o di parentela, avrebbero preferito invece agire con
             maggior cautela, se non addirittura appoggiare le richieste ecclesiastiche.
             Nel contesto istituzionale della Repubblica di Lucca, una simile vertenza
             contro la diocesi rischiava cioè di assumere una dimensione che, per le
             consuete ragioni della medietas politica e della quiete interna, sarebbe
             potuta risultare lesiva rispetto alla stessa conservazione dello Stato, arri-
             vando a incrinare l’auspicata coesione del patriziato locale.
                D’altra parte, nel corso dell’Età Moderna, in concomitanza col pro-
             gressivo assottigliarsi del volume degli scambi legati alla tradizionale
             manifattura serica, il commercio cerealicolo divenne una delle attività
             economiche più redditizie per l’aristocrazia lucchese, che indirizzò in
             maniera sempre più consistente i propri investimenti verso la pro-
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             prietà terriera e la rendita fondiaria . È anche per questo che il con-
             trollo delle varie istituzioni annonarie della Repubblica, come detto,
             assunse una funzione strategica nella competizione di potere tra i vari
             casati cittadini.
                A dimostrarlo c’è uno degli avvenimenti più clamorosi della storia
             di Lucca in Età Moderna, ossia l’interdetto ecclesiastico cui essa fu
             sottoposta nel 1640, a seguito della grave rottura tra il vescovo Mar-
             cantonio Franciotti, i suoi familiari e i loro alleati, da una parte, e il
             resto del patriziato locale, dall’altra. Le ragioni più profonde di questo
             scontro devono infatti essere rintracciate nella fitta rete di gelosie,
             inimicizie e rivalità scaturita dalla progressiva ascesa della famiglia




                68  Per un’analisi più approfondita di questi processi, si rinvia a M. Berengo, Nobili e
             mercanti cit., pp. 284-290, R. Sabbatini, I Guinigi tra ‘500 e ‘600 cit., pp. 74-88, 95-100,
             120-145, e S. Bertelli, Trittico. Lucca, Ragusa, Boston. Tre città mercantili tra Cinque e
             Seicento, Donzelli, Roma, 2004, pp. 167-174.


             n.41                         Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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