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614 Matteo Giuli
Appare chiaro, quindi, che sullo sfondo di tale vertenza si proiettava
la cruciale necessità, per lo Stato e per la Chiesa di Lucca, di assicurare
un solido sbocco commerciale alle rispettive risorse cerealicole. Tale
situazione, peraltro, era ulteriormente complicata dal fatto che gli
stessi nobili che governavano la Repubblica, in quanto cittadini con
spiccati interessi nella mercatura, volevano anch’essi partecipare agli
utili che derivavano dal commercio alimentare. È questa una delle
ragioni che spinsero il patriziato lucchese a rifiutare le proposte, per-
venutegli dal clero, di vietare ai privati le importazioni cerealicole, solu-
zione che avrebbe permesso all’Offizio sopra l’Abbondanza di smaltire
con più facilità i grani conservati nei magazzini dello Stato. Un simile
provvedimento infatti, come fu sperimentato tra gli anni Trenta e Qua-
ranta del Seicento, oltre a rischiare di causar penuria di cereali sui cir-
cuiti commerciali di Lucca, avrebbe leso anche gli interessi dei
mercanti coinvolti in tali importazioni, di cui proprio gli uomini del-
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l’aristocrazia locale rappresentavano la parte più consistente .
C’è poi da rimarcare un altro aspetto, ossia il fatto che i nobili luc-
chesi avevano interessi cospicui non solo nella mercatura, ma anche
nella proprietà fondiaria. Ciò voleva dire che pure loro, e non soltanto
i religiosi, avevano la necessità di assicurare degli sbocchi commerciali
sicuri alle proprie rendite agricole e in particolare ai prodotti cerealicoli.
Si tratta evidentemente di un punto cruciale, da cui possono scaturire
ulteriori ipotesi interpretative anche per quanto riguarda l’origine e la
qualità degli interessi privati che gravitavano attorno alla panificazione
venale. Quest’ultima attività infatti, oltre ai religiosi e ai sudditi, coin-
volse assai presumibilmente pure gli aristocratici, ossia quegli stessi
individui che, in qualità di membri del governo, provvedevano a legife-
rare costantemente a difesa del monopolio statale e degli interessi com-
merciali delle canove cittadine.
In una realtà annonaria come quella lucchese, dove il paternalismo
politico legato all’economia morale e alla carità pubblica sembra stridere
con l’urgenza degli interessi personali gravitanti attorno alla produzione
agricola e al mercato cerealicolo, è allora ipotizzabile che questo duro
scontro col clero in materia di produzione di pane per fini commerciali
sia stato utilizzato dai membri del governo perfino in maniera strumen-
tale, ossia per mascherare le proprie esigenze private di nobili mercanti
e proprietari: la forte accentuazione data alle infrazioni commesse dai
religiosi locali nella vendita del pane – di cui resta una poderosa docu-
mentazione archivistica – poté cioè servire al patriziato lucchese anche
67 Asl, Consiglio Generale, n. 399, pp. 71-73, 126-129.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)