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Il tumulto dei tessitori a Como nel 1790 653
oltre cento) avrebbe permesso turni poco impegnativi e la loro cono-
scenza delle persone l’avrebbe resa più utile dei militari. Tuttavia, l’In-
tendente da parte sua ottenne da Bossi la promessa di essere
informato tempestivamente insieme al Pretore sulle ronde, con l’obbligo
dell’invio di un rapporto che comunicasse quotidianamente il «nome
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del cavaliere che comandava» .
La mattina del 12 settembre si svolse il secondo incontro nel quale
Beccaria, dopo aver espresso una iniziale captatio benevolentiae e aver
elogiato l’agire di tutti, ribadì l’opportunità di mantenere l’impegno
nella Milizia urbana di «que’ cavalieri e cittadini» che avevano avuto il
duplice merito di aver alleggerito le fatiche dei militari e rassicurato il
pubblico. Infatti, sebbene fosse tornata la tranquillità, circolavano
molti «inoperosi tessitori, fra i quali molti assai robusti e intrapren-
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denti» . Si temevano soprattutto possibili «ruberie e assalti», favoriti
dall’approssimarsi della stagione in cui nobili e patrizi si recavano in
campagna con i loro domestici, lasciando le abitazioni cittadine sguar-
nite, a differenza di Milano, di «servitù di guardia alle case». Il Consi-
gliere ricordò inoltre un aspetto importante per il governo: la vigilanza
militare e civica, ora che il processo contro i responsabili del tumulto
era aperto presso i competenti tribunali, aveva come unico scopo la
vigilanza e non la cattura di nuovi sospetti (compito che ormai spet-
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tava solo al Pretore) .
Dal canto loro i due decurioni presentarono in quella occasione i
contenuti di una supplica già inoltrata a Milano il 7 settembre, non
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appena conosciute le ragioni della missione di Beccaria . Erano le linee
del progetto per lo stabilimento definitivo, la cosiddetta «pianta stabile»,
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di una Milizia urbana, «secondo la pratica antica» . Beccaria colse
però, da voci diverse, anche altri elementi che ponevano sotto una luce
meno idilliaca l’operato dei nobili cittadini e davano ragione delle per-
plessità espresse da Pellegrini. Si trattava di alcune abitudini, non
certo consone al rango né alla situazione, di «giovani cavalieri» che ave-
95 C. Beccaria, Opere cit., XII, p. 535.
96 Ivi, p. 534.
97 In questa occasione il Consigliere ricordò all’Intendente, con parole misurate, l’op-
portunità di evitare ogni altro inutile arresto che poi, come nel caso di alcuni giorni
prima, si era rivelato inutile. Beccaria ricorda come «quei rimedi straordinari che sono
proficui nelle occasioni straordinarie divengono, restituito l’equilibrio, perniciosi, oltreché
danno ansa ai cervelli torbidi di credere che si abbia paura di loro». Ivi, p. 536.
98 Non so dire se la lettera, scritta dal conte Giovio e firmata anche da Passalacqua
in data 7 settembre, fosse nota a Beccaria. Asco, Asc, c. 208, fasc. 3, c. 47.
99 Richieste particolareggiate della divisa che si voleva rossa e bianca con spallini
d’oro, fiocchi alla spada e cappello per i capitani, si leggono nel verbale dell’Inten-
denza più analitico del rendiconto di Beccaria. Asco, Asc, Carte Sciolte, 208, fasc.
3, cc. 48-49.
n.41 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)