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La nazione impossibile. Antiquaria e preromanità nella politica culturale delle due Sicilie 491



             ratismo. Da qui, una nuova stagione culturale, dove facevano incrocio
             gli antichi sostenitori delle libertà isolane, ma anche una nuova gene-
             razione  cresciuta  nel  quadro  polemico  verso  Napoli  e  che  a  Scinà
             avrebbe guardato come un autentico punto di riferimento intellettuale.
                Tra i primi erano certo gli epigoni di una Sicilia baronale che ancora
             portava struggente nostalgia per l’antico tempo dell’indipendenza iso-
             lana e per i rigogliosi anni inglesi, cui avevan tenuto dietro quelli di
             molto più modesti dell’unificazione con Napoli. Ma tra questi si con-
             fondevano anche gli ultimi rappresentanti di un democratismo isolano,
             comparso sulla scena proprio negli anni inglesi e poi costretto al silen-
             zio dalla fallita rivoluzione costituzionale del 1820. Per questo motivo,
             sul terreno della contestazione verso l’unione a Napoli, poteva collo-
             carsi anche un uomo dalla storia altra e diversa come Vincenzo Natale,
             che pure aveva rappresentato una delle figure di spicco del radicalismo
             isolano al tempo di Bentinck e che in occasione del 1820 aveva parteg-
             giato contro il separatismo palermitano: forzatamente restituitosi al
             mero diletto degli studi nei lunghi anni della Restaurazione, a partire
             dal 1835 (ma l’opera uscirà solo nel 1843) egli avrebbe sviluppato un
             lavoro sull’antichità di Sicilia, che sembrava fare proprie le ragioni della
             specificità isolana. In questa sua scelta era forte il precedente dell’opera
             del canonico Alessi, la cui Storia critica di Sicilia, avviata alle stampe
             nel 1834 rimase incompiuta a seguito dell’epidemia di colera del 1837
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             che lo portò alla morte assieme allo stesso Scinà .
                L’impostazione di Alessi, che non esita a cercare nella più profonda
             antichità la traccia di una specifica identità isolana, puntava a sugge-
             rire, contro ogni evidenza, come la Sicilia vantasse una civilizzazione
             primordiale nei confronti della quale i popoli in seguito giuntivi avevano
             solo aggiunto, ma nulla impiantato. Si trattava insomma di una impo-
             stazione che mirava a ribadire nell’autoctonia delle genti isolane il
             tratto distintivo del processo di civilizzazione in Sicilia e che, di rim-
             balzo rispetto a quanti magnificavano la presenza greca, molto sospet-
             tava di una ricostruzione che sembrava suggerire un ruolo positivo
             all’invadenza dall’esterno. Ora, Vincenzo Natale, che certo fu a cono-
             scenza dell’opera, nulla condivideva, sul terreno propriamente politico,
             con il canonico Alessi, ma la lettura di questi circa una primordiale
             civiltà isolana gli veniva utile per leggere in termini diversi il valore
             dell’autoctonia. Per questo motivo, nella scelta di un uomo a lungo
             immune rispetto alla lusinga separatista di impostare un discorso eru-
             dito attorno alla specificità isolana si misura, in definitiva, la fine di
             ogni speranza unitaria tra le due Sicilie. Questo, tuttavia, per Natale



                27  G. Alessi, Storia critica di Sicilia, dai tempi favolosi insino alla caduta dell’Impero
             romano, Sciuto, Catania, 1834-43.


             n.41                         Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017
                                                      ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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