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romano» . Tornavano qui i convincimenti unitari di Natale, per il quale
l’accentramento di governo significava, sull’esempio della rivoluzione
francese, la liberazione dai particolarismi (e dai privilegi) d’antico
regime: da qui la ricerca di un punto di equilibrio tra la difesa dell’an-
tichità italica dell’isola e l’accettazione del rilievo dei popoli nuovi
venuti, compresi i romani, nel progresso della Sicilia.
Nell’insieme, l’opera di Vincenzo Natale finiva così per valorizzare i
molti contributi di popoli tra sé molto diversi al profilo culturale del-
l’isola e proprio perchè rifiutava di restare schiacciata sotto il peso di
una ricostruzione apertamente filo-greca entrava deliberatamente in
rotta di collisione con la ricostruzione tracciata a Napoli da Nicola Cor-
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cia . Se la prospettiva unitaria di quest’ultimo puntava ad assimilare
il Mezzogiorno peninsulare e la Sicilia sotto il segno della presenza
dorica – utilizzando al riguardo anche quanto l’antiquaria isolana aveva
messo a disposizione – il disegno dell’opera di Natale volgeva invece
altrove, col risultato che dall’originario quadro polemico, apparente-
mente tutto interno all’isola soltanto, finiva per dilatarsi in una aperta
contestazione del dominio di Napoli.
In tal modo, per riassumere quanto sin qui detto, non vi è dubbio
che il mondo culturale del secolo XIX facesse un largo uso dell’opera
di Micali, le cui tesi apparivano pienamente compatibili con i singoli
contesti territoriali che le diverse tradizioni politiche avevano avuto
cura di molto distinguere e singolarmente valorizzare. E tuttavia,
all’uso e al ricorso non è detto dovesse tenere dietro il pieno consenso:
il lavoro di Micali costituiva insomma una sorta di riferimento obbli-
gato, perché nella sostanza offriva tutto quanto chi si avventurasse
nella lettura di quelle pagine andava cercando, ossia un trascorso –
quando di grandezza, quando di dignità – che i tempi presenti si inca-
ricavano puntualmente di mortificare. Gli esempi sin qui addotti sug-
geriscono infatti come, nelle sue opere, a destare interesse fosse sì la
comune origine dei popoli della penisola, ma che ad emozionare fosse
forse ancor di più il dettagliato conto delle capacità distruttive dell’ac-
centramento romano. Questo spiega perché le sue pagine si mantenes-
sero di largo interesse per tutto il primo Ottocento e conoscessero
addirittura una ulteriore valorizzazione in occasione del 1848, quando
potevano incontrare l’interesse sia dei patrioti della prima ora, sia di
quanti fecero la scelta nazionale in segno di protesta contro le troppe
invadenze centralizzatrici della Restaurazione.
34 Ivi, pp. 334-5.
35 Non a caso, a Napoli, Panfilo Serafini, recensendo il primo volume, trovava il modo
di criticare Natale per non «trarre molto pro’ da tanti scrittori dei nostri tempi che han
tenuto ragionamento dei popoli i quali andarono a posarsi nella cittadella d’Italia». Si
veda «Il Progresso delle scienze, lettere ed arti», 37 (1845), pp. 261-77.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)