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           non significava certo rinunciare al democratismo che ne aveva sempre
           caratterizzato la presenza sulla scena.
              La sua fatica tornava infatti sull’antichità isolana per sottolineare
           come la storia dei primi tempi di Sicilia fosse una vicenda plurale,
           segnata dalla presenza di molti popoli, tutti di antica presenza nel-
           l’isola, presto destinati a combattersi per via dei diversi sistemi in cui
           erano ordinati. Su questo punto Natale molto insisteva per addebitare
           alla dominazione romana il fatto che la storia di cui dava conto fosse
           invece stata oscurata e che nulla si ricordasse delle tradizioni poli-
           tico-culturali dei siculi e dei sicani, popolazioni autoctone che ave-
           vano  ingaggiato,  già  al  tempo  della  colonizzazione  greca,  una
           resistenza  per  ampi  tratti  vittoriosa  all’invasione.  Il  silenzio  e  la
           dimenticanza nei loro confronti aveva però prodotto conseguenze non
           di poco conto, perché era andata perduta la memoria di come l’espe-
           rienza della democrazia non fosse – come puntualmente accreditato
           un dono dei coloni greci, bensì una pratica già delle popolazioni locali,
           soprattutto dei siculi, stanziati nella parte orientale dell’isola, che
           sempre tennero fermo sul principio di un «governo elettivo dipendente
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           dal voto popolare» . Tornava, nelle pagine di Natale, l’antico conten-
           zioso tra le due parti dell’isola – una orientale, che in occasione del
           1820 aveva dato prova di credere nella modernità politica della nuova
           statualità meridionale e l’altra occidentale, che sotto le insegne di
           Palermo aveva preteso di seguire con l’indipendenza l’antico sogno di
           un’isola separata politicamente dall’Italia intera. Solo che, ora, tra-
           scorso molto tempo rispetto alle diatribe politiche del 1820, quella
           contrapposizione, che Natale puntualmente riproponeva, acquisiva
           un altro significato ancora, perché finiva per individuare un bersaglio
           polemico non più nella Sicilia feudale di cui Palermo sarebbe stata il
           luogo di raccolta, bensì nel potere dispotico della casa di Borbone.
              Tutto questo Natale avrebbe esplicitato proprio nel 1843, in parallelo
           alla pubblicazione del primo volume dell’opera di Nicola Corcia, al quale
           esplicitamente rispondeva per ribadire la necessità di tenere fermo sulla
           eccezionalità della stagione dell’isola antecedente all’arrivo dei coloni.
           Con un retorico avvio, egli ricordava tutto quanto la storiografia, anche
           quella di parte siciliana, aveva sino ad allora sapientemente occultato

              Io non so, a grazia di esempio, perché i moderni scrittori disbrigandosi dalle
           favole nel parlarci di nostra antica istoria, comincino tutti dalla storia de’ Greci?
           L’isola forse per più secoli innanzi ai Greci non ebbe altri abitatori? Costoro nulla



              28  Vincenzo Natali, Sulla storia antica della Sicilia. Discorsi, Del Vecchio Napoli, 1843,
           p. 104-7. Su questo lavoro vedi inoltre G. Majorana,  antica di Sicilia epoca greca di Vin-
           cenzo Natale è stata in gran parte perduta?, «Archivio storico per  orientale», 11 (1914),
           pp. 315-36.



           Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017    n.41
           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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