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492 Antonino De Francesco
non significava certo rinunciare al democratismo che ne aveva sempre
caratterizzato la presenza sulla scena.
La sua fatica tornava infatti sull’antichità isolana per sottolineare
come la storia dei primi tempi di Sicilia fosse una vicenda plurale,
segnata dalla presenza di molti popoli, tutti di antica presenza nel-
l’isola, presto destinati a combattersi per via dei diversi sistemi in cui
erano ordinati. Su questo punto Natale molto insisteva per addebitare
alla dominazione romana il fatto che la storia di cui dava conto fosse
invece stata oscurata e che nulla si ricordasse delle tradizioni poli-
tico-culturali dei siculi e dei sicani, popolazioni autoctone che ave-
vano ingaggiato, già al tempo della colonizzazione greca, una
resistenza per ampi tratti vittoriosa all’invasione. Il silenzio e la
dimenticanza nei loro confronti aveva però prodotto conseguenze non
di poco conto, perché era andata perduta la memoria di come l’espe-
rienza della democrazia non fosse – come puntualmente accreditato
un dono dei coloni greci, bensì una pratica già delle popolazioni locali,
soprattutto dei siculi, stanziati nella parte orientale dell’isola, che
sempre tennero fermo sul principio di un «governo elettivo dipendente
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dal voto popolare» . Tornava, nelle pagine di Natale, l’antico conten-
zioso tra le due parti dell’isola – una orientale, che in occasione del
1820 aveva dato prova di credere nella modernità politica della nuova
statualità meridionale e l’altra occidentale, che sotto le insegne di
Palermo aveva preteso di seguire con l’indipendenza l’antico sogno di
un’isola separata politicamente dall’Italia intera. Solo che, ora, tra-
scorso molto tempo rispetto alle diatribe politiche del 1820, quella
contrapposizione, che Natale puntualmente riproponeva, acquisiva
un altro significato ancora, perché finiva per individuare un bersaglio
polemico non più nella Sicilia feudale di cui Palermo sarebbe stata il
luogo di raccolta, bensì nel potere dispotico della casa di Borbone.
Tutto questo Natale avrebbe esplicitato proprio nel 1843, in parallelo
alla pubblicazione del primo volume dell’opera di Nicola Corcia, al quale
esplicitamente rispondeva per ribadire la necessità di tenere fermo sulla
eccezionalità della stagione dell’isola antecedente all’arrivo dei coloni.
Con un retorico avvio, egli ricordava tutto quanto la storiografia, anche
quella di parte siciliana, aveva sino ad allora sapientemente occultato
Io non so, a grazia di esempio, perché i moderni scrittori disbrigandosi dalle
favole nel parlarci di nostra antica istoria, comincino tutti dalla storia de’ Greci?
L’isola forse per più secoli innanzi ai Greci non ebbe altri abitatori? Costoro nulla
28 Vincenzo Natali, Sulla storia antica della Sicilia. Discorsi, Del Vecchio Napoli, 1843,
p. 104-7. Su questo lavoro vedi inoltre G. Majorana, antica di Sicilia epoca greca di Vin-
cenzo Natale è stata in gran parte perduta?, «Archivio storico per orientale», 11 (1914),
pp. 315-36.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XIV - Dicembre 2017 n.41
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)