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704 Daniele Palermo
omisso medio»; le nuove norme erano finalizzate a limitare fortemente
l’utilizzo del “gravame”. Il testo stabilì poi regole secondo le quali i
legati avrebbero dovuto assolvere dalle “censure” – la materia era di
competenza della Regia Monarchia, tranne per quelle imposte dai ve-
scovi agli ufficiali regi o per quelle papali – e si infranse il principio
della “non estrazione”, poiché si affidarono alla Congregazione dei
vescovi e dei regolari le cause degli “esenti”. Il decreto non fu “esecu-
toriato” in Sicilia, ma fu ugualmente fonte di inasprimento dello
scontro: i giudici della Regia Monarchia cominciarono a imporre in
prima persona la scomunica e «la sanzione fu inflitta con singolare
frequenza, sia contro esponenti del clero sia contro quei laici che si
trovavano nella condizione di confliggere con i poteri del tribunale»;
nette furono le risposte della Santa Sede e la più importante fu la
fondazione, nel 1626, della Congregazione dell’Immunità .
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L’altro evento traumatico che caratterizzò i primi anni del secolo fu
la pubblicazione, nel 1605, dell’XI volume degli Annales Ecclesiastici
di Cesare Baronio, in cui si sosteneva la falsità della bolla di Urbano
II e si riteneva la Regia Monarchia frutto di una forzatura della fun-
zione legaziale avvenuta durante l’età aragonese . Il volume deve es-
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sere collocato nell’ambito del plurisecolare dibattito sull’autenticità,
oggi riconosciuta, e sul contenuto della bolla che si sarebbe protratto
fino al XIX secolo, a cui avrebbero partecipato altri personaggi presti-
giosi, come Pietro Giannone, e che fu caratterizzato da «unità di indi-
rizzo e anche di argomenti (quando non si tratti addirittura di plagio)»
nella polemica . Il testo di Baronio testimoniava l’adozione di una
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nuova strategia da parte della Santa Sede, caratterizzata dalla volontà
di «rendere nota all’intero orbe cristiano una questione fino allora te-
nuta avvolta nel segreto delle relazioni politico-diplomatiche» .
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L’opera, che sarebbe costata all’autore l’elezione al soglio pontificio, fu
vietata in Sicilia, addirittura con atto dell’arcivescovo di Palermo Doria
allora presidente del Regno , e il suo effetto fu di favorire la forte af-
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fermazione delle posizioni “regaliste” nella società isolana ; al con-
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39 M.T. Napoli, La Regia Monarchia di Sicilia. «Ponere falcem in alienam messem»
cit., pp. 481-489.
40 G. Catalano, Studi sulla legazia apostolica di Sicilia cit., pp. 19-20; cfr. anche
G. Zito, La Legazia apostolica nel Cinquecento: l’avvio delle controversie e delle pole-
miche cit., pp. 158-164.
41 S. Fodale, La Legazia Apostolica nella storia della Sicilia cit., pp. 11-15, 21.
42 M.T. Napoli, La Regia Monarchia di Sicilia. «Ponere falcem in alienam messem»
cit., pp. 481-489.
43 F. D’Avenia, Lealtà alla prova: “Casa”, Monarchia, Chiesa. La carriera politica
del cardinale Giannettino Doria (1537-1642), «Dimensioni e problemi della ricerca
storica», n. 2, 2015, p. 54.
44 G. Zito, La Legazia apostolica nel Cinquecento: l’avvio delle controversie e delle
polemiche cit., pp. 158-164; G. Catalano, Studi sulla legazia apostolica di Sicilia cit.,
pp. 10-13, 55-57.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)