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assegnategli dai sovrani oppure arrogate in specifiche situazioni e in
seguito istituzionalizzate» . Il tribunale divenne così una stabile
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struttura e l’ufficio di giudice della Monarchia «un trampolino di lan-
cio per rivestire le più prestigiose cariche ecclesiastiche del Regno».
Il primo a essere nominato fu il catanese Nicolò Stizzia, ma in seguito
la carica sarebbe stata affidata a spagnoli, «al pari degli altri grandi
uffici del Regno, a riprova del suo prestigio ed a garanzia di fedeltà
alla Corona» .
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Un preciso ordinamento del tribunale si ebbe con l’emanazione da
parte del viceré Marcantonio Colonna, nel 1580, delle Ordinationi per
le cose della Monarchia e della prammatica sul suo funzionamento,
il 17 giugno 1582 . I due testi ne definirono con maggiore precisione
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le competenze : un panorama talmente ampio da condizionare «pe-
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santemente il governo della Chiesa» . Inoltre, almeno teoricamente,
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29 G. Zito, La Legazia apostolica nel Cinquecento: l’avvio delle controversie e delle
polemiche cit., pp. 157-158.
30 M.T. Napoli, La Regia Monarchia di Sicilia. «Ponere falcem in alienam messem» cit.,
pp. 309-310. Nicolò Stizzia era stato uno dei protagonisti del duro conflitto fra il
patriziato di Catania e il vescovo Vincenzo Cutelli (L. Scalisi, Il Controllo del sacro.
Poteri e istituzioni concorrenti nella Palermo del Cinque e Seicento cit., p. 59).
31 M.T. Napoli, La Regia Monarchia di Sicilia. «Ponere falcem in alienam messem» cit.,
pp. 326-333.
32 Possono essere così schematizzate: appello per tutte le corti ecclesiastiche
anche per i reati mixti fori; appello per i giudici incaricati di giudicare le cause civili
dei regolari; appello per tutte le cause degli ordini militari con foro riservato; «facoltà
di ordinare la restitutio in integrum, anche nelle cause per l’annullamento delle sacre
vestizioni»; potere di avocazione omissis ordinariis e per viam saltus di qualsiasi
causa ecclesiastica; potestà di «cassare su istanza o gravame delle parti interessate
qualsiasi provvedimento preso anche extragiudiziariamente dalle autorità eccle-
siastiche, procedimento che sostituiva l’appello ab abusu al re esistente in altri
stati»; competenza di giudicare in primo grado gli ecclesiastici esenti e quindi
direttamente dipendenti dalla S. Sede, vescovi compresi; potestà di giudicare i
reati commessi dai regolari fuori dal chiostro (G. Catalano, Studi sulla legazia
apostolica di Sicilia cit., pp. 61-62). Il panorama delle competenze rimase inva-
riato almeno fino all’inizio del XVIII secolo (cfr. A. Longhitano, Il tribunale di
Regia Monarchia: governo della Chiesa e controversie giurisdizionaliste nel Sette-
cento, in S. Vacca (a cura di), La Legazia Apostolica. Chiesa, potere e società in
Sicilia in età medievale e moderna cit., pp. 170-172). Sulle procedure del Tribu-
nale della Regia Monarchia, G. Laudicina, Cenni sulla giurisdizione ecclesiastica
della Monarchia di Sicilia, Palermo, 1840; Id., Manuale teorico pratico della pro-
cedura ecclesiastica di Sicilia, Palermo, 1843).
33 «Nei procedimenti giudiziari chiunque si fosse sentito leso nei propri diritti, in
seguito alla sentenza di primo grado di un tribunale ecclesiastico, avrebbe potuto
ricorrere al giudice del Tribunale della Regia Monarchia, che aveva la facoltà di ribaltare
la sentenza. Nel normale esercizio delle funzioni di governo di un vescovo o di un
superiore religioso, se un fedele si fosse sentito danneggiato da un provvedimento di
natura esecutiva avrebbe potuto ricorrere al tribunale della Regia Monarchia, che
aveva l’autorità di renderlo inefficace» (A. Longhitano, Il tribunale di Regia Monarchia:
governo della Chiesa e controversie giurisdizionaliste nel Settecento cit., p. 172).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)