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Ricordi di un ex Normalista 747
contro i vigliacchi d’Italia, e di bollare in qualche quotidiano le maga-
gne che si commettono in alto e in basso.
A sei anni fui mandato a scuola, con grande mia soddisfazione, per-
ché mi sembrava d’essere cresciuto d’importanza e d’essere già diven-
tato un omino. I miei genitori veramente, sulle prime, mi stimavano
un lasagnone, ma si dovettero ben presto ricredere, perché mi misi a
studiare sul serio e con passione senza che essi mi richiamassero mai
all’osservanza dei doveri scolastici. Non ero però uno sgobbone e al-
ternavo lo studio coi divertimenti. I miei compagni mi presero a ben
volere, sicché io ero considerato il loro consigliere e amico fedele. E mi
servivo di questo ascendente per avere sempre attorno un codazzo di
ragazzi, ai quali spesso facevo lunghe concioni da un’alta mangiatoia
di una stalla e da una vecchia giara (…). Malgrado lo studio, diverti-
menti e scappatelle frequenti in quell’età, trovavo anche il tempo di
fare qualche servizio a mia madre. Mancando l’acqua potabile in casa,
andavo spesso con due grossi recipienti di terra cotta, le cosiddette
lancelle, alla fonte pubblica del Canaliellu [oggi in via padre Gaetano
Tumminelli], per rimediare alle necessità domestiche. Mia madre era
oltremodo sodisfatta, perché io le alleggerivo le fatiche di casa, non
avendo sempre a nostra disposizione una donna di servizio (…).
2. La frequenza del ginnasio-liceo classico a Cefalù
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Ottenuta la licenza elementare, fui mandato a frequentare il ginna-
sio a Cefalù, una cittadina vicino al mio paese, assai ridente e quasi
distesa ad arco presso la riva del mare e ai piedi di un aspro promon-
torio, mancando ancora in esso una scuola secondaria. Fu un gravis-
simo sacrificio pei miei, dato lo scarsissimo rendimento delle nostre
terre bruciate dal sole e mancanti di acqua, ma venne in loro aiuto
uno zio prete [don Michele Lupo, fratello maggiore del padre], quaresi-
malista famoso per quei tempi, che mi voleva molto bene [ne portava
il nome Michele] e che vagheggiava l’idea di fare di me un sacerdote,
magari un vescovo o un nunzio apostolico, sia per orgoglio di casta,
sia per togliere, come disse il Giusti nella prefazione delle opere del
Parini, una bocca alla pentola di casa. Un prete, oltre a nobilitare la
famiglia, avrebbe aiutato anche i fratelli. Non si accorgeva, povero
uomo, nonostante il suo talento, ch’io non avevo nessuna vocazione
per la carriera ecclesiastica, che mi piacevano, invece, le belle picciot-
telle (giovincelle) sicule (…).
13 Le Madonie, n. 15 - 1 agosto 1952, n. 16-17 - 1 settembre 1952, n. 18 - 15 set-
tembre 1952.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)