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744 Michele Lupo Gentile
1. L’infanzia
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Nacqui in un paese assai ridente, quasi alle falde delle Madonie, da
un piccolo possidente, e da una donna di casa tutta dedita alle cure
della famiglia. Erano le quattro e mezzo di notte e la neve cadeva a lar-
ghe falde sui tetti e le strade. Questa circostanza non è stata per me di
poca importanza, non avendo potuto le stelle benigne o maligne influire
sul mio destino. Quel poco che ho fatto e che continuo a fare nella vita
privata e nella scuola, debbo esclusivamente a me, coll’aiuto solo di Dio
Padre Onnipotente. Mio padre era un bell’uomo, alto e dritto, robusto e
barbuto, somigliantissimo a Garibaldi; di carattere fino e tenace, era
orgoglioso di aver fatto la campagna del ’66 [terza guerra d’indipen-
denza] come umile soldato nell’esercito del Lamarmora. Mia madre era
una piccoletta, dal viso rotondo e lineamenti delicati, ma forte e operosa,
e specialmente di un’attività straordinaria nelle faccende domestiche.
Era soprattutto religiosa, e quasi ogni sabato digiunava e si metteva in
grazia di Dio coll’ostia consacrata che riceveva con devozione nella chie-
setta dei Cappuccini. Quando ripenso a lei, rivedo la sua figura sempre
in movimento, ora salendo le scale carica di pane, uova, boccali di vino
e ceste ricolme di ogni specie di provviste, allestendo saporite e abbon-
danti minestre; ora al telaio a tessere la biancheria di lino, già seminato,
gramolato e filato dalle nostre contadine.
Riandando con affettuoso senso nostalgico agli anni della fanciul-
lezza, mi sembra di risentire ancora, velate di profonda e soave poesia,
le voci delle campane del mio dolce paese. Quando il sole baciava cogli
ultimi suoi raggi le Madonie e le campagne circostanti, la campana di
Santo Antonino, dalla voce quasi umana, annunziava coi sui tocchi
baritonali e tristi l’Ave Maria, cioè la prossima fine del giorno e il pau-
roso mistero della notte, quasi preludio della fine delle cose umane. La
stessa campana, invece, all’alba, coi medesimi tocchi, ma leggeri e
quasi allegri, suscitava sentimenti diversi, richiamando i lavoratori a
sorgere dal caro letto per riprendere, con fiducia nella Provvidenza, le
usuali e sante occupazioni campestri. La sera di sabato, e nelle vigilie
dei giorni festivi, tutte le campane del paese, capeggiate da quella di
Santo Antonino, irrompevano a un tratto in uno scoppio di voci argen-
tino, piene di conforto e di promesse. Ma alle volte, all’improvviso, an-
che in pieno giorno, mentre il sole irradiava a sé i suoi splendori, che
si spandevano nell’aria tiepida e dolce, e tutti sentivano la gioia di vi-
vere e di lavorare, la campana di Santo Antonino intonava lugubri rin-
tocchi, infondendo nell’animo malinconia e sgomento. Le finestre e i
balconi allora si aprivano come per incanto, e le donne si affacciavano
12 Le Madonie, n. 10-15 maggio, n. 11-1 giugno 1952, n. 12 -15 giugno 1952.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Dicembre 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)